Imponente ed austera, l'Abbazia Florense si erge in pieno centro storico del bel paese di San Giovanni in Fiore, per raggiungere il quale si deve percorrere un suggestivo itinerario tra le montagne della Sila. Circondati da boschi con alberi secolari, dalle altezze vertiginose, che specialmente nella stagione autunnale affascinano coi loro meravigliosi colori e deliziano i palati con i raffinati funghi porcini che in essi crescono copiosi. Il paese trae il suo nome da quello dell'abate Gioacchino da Fiore, che visse in questi luoghi e ad essi diede lustro durante il periodo medievale. L'abbazia fu concepita da Gioacchino secondo i dettami derivati dalla sua filosofia, per cui parlarne è imprescindibile dall'analisi del suo pensiero e delle vicende biografiche che lo hanno portato alle sue concezioni.
L'edificio abbaziale, sebbene ispirato allo stile romanico, presenta delle caratteristiche tutte sue che sono divenute peculiari dell'architettura florense. Prima di tutto, colpisce il fatto che la facciata principale è sprovvista di rosone, spostato sulla facciata opposta, nel lato absidale piatto. Pur se, al tempo della nostra visita (Ottobre 2008), essa risultava completamente impalcata per lavori di restauro (foto 1), si riescono a distinguere chiaramente un rosone centrale più grande, a sei lobi, circondato da tre rosoni più piccoli, quadrilobati, disposti a triangolo equilatero attorno al primo. Questa composizione, lungi dall'essere un capriccio architettonico, assume un chiaro significato simbolico, rispecchiando nelle visioni illuminate dell'abate Gioacchino l'unione della Santissima Trinità in un unico essere, ed il richiamo alle tre ere della sua teoria escatologica.
Si accede alla chiesa attraverso il maestoso portale ogivale (foto 2). La navata, unica ed eccezionalmente allungata, è sormontata da un soffitto a capriate. L'austerità dello stile, in nuda pietra senza decorazioni, dimostra l'influenza dello stile cistercense, del quale comunque la comunità florense, dal 1189 fino alla sua soppressione, è stata una derivazione. L'altare pomposo e barocco, sul quale è stata posta una pregevole statua lignea di San Giovanni Battista, patrono del paese, è chiaramente un'aggiunta posteriore, che quasi contrasta con il resto della chiesa, impedendo di apprezzare appieno il gioco di luci ed ombre create dalla figura dei quattro rosoni posti alle sue spalle (foto 3).
Alla destra dell'altare, una scalinata immette nella cripta, restaurata nel 1929, dove si trovavano, conservati in un'urna, i resti delle spoglie del beato Da Fiore, non presenti al momento della nostra visita. La nicchia in cui era conservata l'urna (foto 5), protetta da uno spesso vetro, è sormontata da un'iscrizione riportante i versi che Dante Alighieri, nel XII canto del Paradiso (vv. 139-141), dedicò all'abate di Celico:
…e lucemi da lato
il calavrese abate Giovacchino
di spirito profetico dotato
Nel locale posto alla sinistra dell'altare, invece, si trova il corpo ricostruito dell'abate, custodito in una teca (foto 4), alla base del quale sono incisi alcune figure simboliche tratte dal "Liber Figurarum", che contiene la summa delle teorie e delle concezioni di Gioacchino Da Fiore. Uno stendardo appeso al muro riproduce una di queste tavole, la n° III, che rappresenta l'Albero-Aquila dell'Antico Testamento, simbolo del corso della storia che comincia da Adamo, si sviluppa di generazione in generazione attraverso le dodici tribù di Israele e si avvia verso il compimento segnato dall'avvento dell'Era dello Spirito Santo.
L'Albero-Aquila dell'Antico Testamento
Tavola del "Liber Figurarum"
Gioacchino Da Fiore (1130-1202)