Il crittogramma dell'Altare del Patrocinio
(elaborazione grafica a cura dell'autore)
Il crittogramma che appare inciso sulle lamine in argento sbalzato che ricoprono il cosiddetto "Altare del Patrocinio", all'interno del transetto destro dalla Basilica di San Nicola, a Bari, è un enigma affascinante, seppur poco conosciuto. L'opera, realizzata nel 1684, venne commissionata dal priore Alessandro Pallavicino agli orafi napoletani Ennio Avitabile e Domenico Marinelli, per la sostituzione di un altare più antico ormai rovinato.
In origine l'altare che custodiva le preziose spoglie del Santo fu donato alla Basilica nel 1319 da Uros II Militin, re di Serbia, e confezionato degli orafi baresi Rogerio de Invidia e Roberto di Barletta. Nel 1682, secondo quanto registrato nei documenti originali, l'altare era talmente "vecchio e all'antica" che il capitolo nicolaiano, retto dall'allora priore Pallavicino, decise di restaurarlo, affidandone l'incarico ai due orafi citati.
Dedicato a San Nicola di Myra, presenta in otto pannelli laterali alcune scene della vita del Santo: la nascita, l'esaltazione della Manna, la morte, l'arrivo a Bari delle reliquie, S. Nicola e Adeodato, la sosta e la profezia a Bari, la consacrazione della cripta e la resurrezione dei tre fanciulli squartati.
La mensa d'altare è costituita da una lamina centrale argentea ornata al centro di motivi floreali e foglie. Tutto attorno, una cornice riporta un'iscrizione incomprensibile, fatta di caratteri disposti su tre file nella parte superiore (per un totale di 624 lettere), e tre file in quella inferiore, più 18 righe in ciascuna colonna laterale, ognuna costituita da un gruppo di quattro lettere.
L'alfabeto è latino, mancano del tutto le lettere Z e U (quest'ultima probabilmente assimilata con la V) e tutte le N si presentano rovesciate.
L'ultima riga riporta solo 22 caratteri, ma nello spazio restante che inizialmente doveva essere stato vuoto è presente un'iscrizione in chiaro, che riporta il nome dell'incisore, del committente e la data: "Magnificus Dominici Marinelli preditti altari FF.MDCLXXXIV" ("Il Magnifico fece fare l'altare del predetto Domenico Marinelli 1684"). Si capisce che l'iscrizione è stata apposta in seguito, perché la grafia è diversa e nella fattispecie più grossolana, ed inoltre le N sono dritte.
Una caratteristica peculiare è che, soprattutto nella parte inferiore, molte delle lettere sono intervallate da piccoli punti, o serie di punti, tracciati quasi impercettibilmente alla base delle lettere. È stato ipotizzato che il vero crittogramma è quello presente nella fascia inferiore, con alcune delle parole in codice messe in evidenza dai puntini, e che il resto sia in realtà un testo casuale messo per sviare l'attenzione.
La copertina dell'albo speciale del fumetto Martin Mystère dedicato al segreto di San Nicola
(di Alfredo Castelli, © 2005 Sergio Bonelli Editore)
1987: Il concorso nazionale
La copertina del bando di concorso nazionale edito dalla BNL
(documento gentilmente fornitoci dal Dr. Aurelio Ciancio, del CNR di Bari)
Nel 1987, in occasione del IX Centenario della traslazione del corpo di San Nicola (1087-1987), venne istituito un concorso nazionale, con il patrocinio della Banca Nazionale di Livorno, rivolto agli studenti delle scuole superiori e delle università, per la soluzione del crittogramma di San Nicola. La posta in palio era un premio da cinque milioni delle vecchie lire (corrispondenti a circa 2580 euro). Alla data di scadenza del concorso, nel giugno del 1988, e il bando fu prorogati di altri sei mesi. Alla fine di Novembre del 1988, poiché nessun lavoro era stato presentato, il bando venne sciolto ed il premio in denaro non venne assegnato.
2003: L'ipotesi di Vincenzo dell'Aere e Pierfrancesco Rescio
Nel mese di Settembre del 2003, un articolo a firma dello storico e studioso Vincenzo dell'Aere venne pubblicato sul numero 45 della rivista "Hera Magazine". Nell'articolo, intitolato "Il segreto dell'altare d'argento", l'autore rivelava di aver decifrato, insieme ad un altro ricercatore, Pierfrancesco Rescio, il crittogramma, fornendo la seguente soluzione:
ARCA TESTA TECTA
A CRIPTA IN MIRA
ET GRADALE A SACEL(LO)
IN GALVA(NI) SEPULCR(O)
che può essere tradotto più o meno così: "La cassa e il vaso nascosti nella cripta di Myra, e il calice (proveniente) dal sacello di Galvano (Galgano) sono qui sepolti". Dunque, nell'interpretazione degli autori, la Basilica di San Nicola sarebbe strettamente connessa con il Santo Graal, cosa di cui, tra l'altro, si è sempre vociferato. Peccato, però, che l'autore non fornisca più che vaghe indicazioni sul metodo di decodifica, che chiamano in causa la suddivisione del testo in "ottali" (stringhe di otto caratteri) e l'uso della Ghematria (quella branca della Cabala ebraica che fa uso di valori numerici assegnati alle lettere dell'alfabeto). Poiché, a nostro avviso, non ha alcun senso logico fornire la soluzione di un crittogramma senza menzionare il metodo a cui vi si è giunti, questa interpretazione va considerata inattendibile e probabilmente si è trattato di una trovata pubblicitaria per lanciare il saggio/romanzo degli autori che era stato pubblicato giusto nello stesso periodo.
2003: L'interpretazione di Aurelio Ciancio
Esiste tuttavia un'ulteriore soluzione del misterioso enigma, a cui è giunto un ricercatore del CNR di Bari, Aurelio Ciancio. Ciancio ricopriva, all'epoca, il ruolo di responsabile dell'Istituto per la protezione delle Piante del CNR, nella sezione barese. Basandosi su semplici analisi statistiche di frequenze delle lettere e dei digrammi, pare che sia riuscito con una certa verosimiglianza a trovare il bandolo dell'intricata matassa. Ciò che viene fuori è sconvolgente e beffardo. La prima metà del testo infatti dice:
"Resta da sapere se il servo arriva ora e in armi da me, se tu /
dietro a l'uorme sue o se, pare, a letto a menar o' iaià per un po' e /
volere 'l sorriso inoltrare alle sue persone, in prosperità /
ti renda tra feste a Napoli…"
Come si vede, una missiva cifrata che non ha nulla a che fare con il sacro. Il modo con cui l'autore è riuscito nella decifrazione è il seguente. Effettuando l'analisi statistica dei digrammi si nota che vi sono alcune coppie che si presentano con frequenze maggiori delle altre: a queste coppie corrispondono nel messaggio in chiaro delle vocali. A questo punto è lecito supporre che l'autore del messaggio in codice ed il destinatario facessero uso di una tabella a scacchiera, dove ogni casella corrispondeva a una lettera. E scrivendo nel messaggio cifrato, ad ed esempio, GS, nelle coordinate della G e della S appariva una casella con la lettera in chiaro R, un po' come avviene nel gioco della battaglia navale.
Frequenze dei digrammi nel testo del crittogramma
Questa scacchiera manca della lettera Z. Quindi è composta da 400 caselle, dove le medesime lettere dell'alfabeto vengono anche ripetute più volte, in modo tale da rendere ancora più indecifrabile ad estranei il messaggio. E in effetti lo sarebbe ancora oggi, se le ripetizioni non avessero contribuito a dare una mano: così che, selezionando le frequenze maggiori e saggiandone le possibilità, molte parole sono infine emerse. E, tuttavia, nei punti in cui l'antico mittente ha variato l'uso delle coordinate, specie nella seconda parte del crittogramma, il messaggio appare blindato, perché le lettere/caselle, impiegate con minori frequenze, risultano inconfrontabili. La seconda parte resta alquanto lacunosa, e l'unica cosa certa è che l'ultima frase dell'iscrizione è sicuramente: "se è anche su, annotila qui".
Che cosa si ricava, dunque, da questo messaggio? Ci sono varie ipotesi che si possono fare: la prima è quella di una profferta amorosa, adombrata nell'espressione "a letto a menar o' iaià". L'altra è quella di un avvertimento, scritto da qualcuno che si sente in pericolo e che attende l'arrivo di un servo "in armi", una guardia del corpo che possa aiutarlo. Il destinatario potrebbe essere dunque implicato nell'affare, e gli viene chiesto se arriverà dopo il suo servo o se rimarrà a Napoli a trastullarsi nelle feste di corte...
Dunque, il messaggio segreto era stato inciso sul retro di un vassoio, o sul fondo di un cofanetto d'argento, probabilmente un dono destinato ad una dama. Com'è successo, allora, che esso sia finito sull'altare di un santo? Dare una risposta a questo quesito non è facile, perché tutta la documentazione dell'archivio di San Nicola relativa agli anni in cui venne forgiato l'Altare del Patrocinio (il fascicolo degli anni 1682-1691) è scomparsa senza lasciare traccia. Si tratta di un mistero nel mistero: è possibile che qualcuno abbia rimosso il fascicolo per impedire la diffusione di un'informazione utile affinché il crittogramma potesse essere svelato?
Ciò che appare certo è che quando il vecchio altare venne smantellato e il metallo prezioso di cui era composto venne mandato a Napoli negli atelier dei due orafi incaricati del rifacimento, ci si accorse che esso era insufficiente a coprire i fabbisogni per il nuovo progetto. Si provvide dunque a stabilire, con un decreto datato 20 maggio 1862, di aggiungere al materiale "molte lampade vecchie" e "vasi d'argento" insieme a molti oggetti d'oro, "riposti in una cassa, che si conserva dalli custodi di detto sagro altare, et non fanno mostra, ne ornato alcuno…". La quantità di materiale aggiunto fu tale che alla fine sembra si verificò addirittura il contrario, cioè si ebbe del metallo in eccesso, tanto che nel 1693 la Basilica intentò un processo contro gli eredi dei due argentieri partenopei "per aver ritenuto varie suppellettili per la nuova fusione dell'altare".
Tornando alla copertura dell'altare, la lastra con il crittogramma poteva, dunque, fare parte di questo materiale aggiunto, posto in bella mostra non solo per l'ornato floreale, che risparmiava lavoro di cesellatura agli artefici, ma anche per il fascino misterioso dell'iscrizione. A riprova di questa ipotesi, vi sono le diverse listine d'argento che sono state applicate ai lati per riempire gli spazi vuoti non occupati dal "vassoio", ed inoltre l'iscrizione in chiaro apposta alla fine del crittogramma, in caratteri simili ma visibilmente diversi da quelli del crittogramma, che attesta il committente dell'opera, nonché i nomi dei suoi artefici e la data della sua realizzazione.
L'ipotesi è senza dubbio verosimile e affascinante, ma resta scoperto un mistero, quello della seconda parte del crittogramma. Perché l'autore avrebbe dovuto cambiare lo schema di cifratura? E perché quella massiccia presenza di puntini tra le lettere? Rimane opinione di molti che il vero crittogramma sia quello della parte inferiore, mentre quello della parte superiore sarebbe servito soltanto a sviare i decifratori più scaltri. L'ipotesi di Ciancio, ad ogni modo, rimane la più valida tra quelle finora proposte e aggiunge intrigo e mistero ad una vicenda, quella della Basilica di San Nicola, già di per sé carica di fascino e di questioni insolute.
Per completezza di esposizione, e per coloro che volessero cimentarsi nella decifrazione dell'enigma (o che vogliano semplicemente verificare le soluzioni proposte), riportiamo di seguito la più fedele delle trascrizioni del testo del crittogramma trovata in Rete. È noto, infatti, che sia il testo presente nel bando di concorso del 1987, sia la trascrizione del crittogramma presente nell'albo gigante del fumetto "Martin Mystere" (che Alfredo Castelli dedicò all'argomento nel 1995), contenevano degli errori di trascrizione.
PARTE SUPERIORE GSMIIPGATPPAICIDMSEOEPLMDNIPERDMGMVAMMPDTLCDMPPDIVEIMVVSSOPEICMIIMIQVSIVCPDMPASTLCCLSSEPMEDE TESBEPMEGSAQPIMGDEPCLMCPCSMAGVEMAIPNVPSATPPVEPLEGIMIGEMEELPPDIEMECMPLMGPEIQSFATGNQVQPDSDTSSAESCL ASCDGIETPECCGMISGPHEPDTMIDBODDTSAIGDHQHEMPAAMIEFOPDVEPEDAGEPDORDCEDTDSSECHBEEBSAPDVMEDSACLAATMGA COLONNA DESTRA EADQIVEMSEGECCACDTLSMNEPNNSBAIMSSQLCQINCACIVGSADOATPPCADGRNTPAMIHDDSPIAP COLONNA SINISTRA PPGMVNVFMAIMEDLACMDICRPPBLVMDTININPIVDMDPLTDDTDERACISEPVSPALGMICEQVRDMNF PARTE INFERIORE QSCTIMCEVIMCAVEFCTPEPIAPMMTQCTEPLSMCCRSASMGIQPEACLTGADAAIMNNNMACCLSPCETDPPADMITQEDDMCIVPI MSIQPEPAMPRAMDIQPPCDAMARCCIISHAIVECQDBAMNEMLDSMDIIQIMRNCCEFGDCCDGEDMEDGELTPMNMCESNLMI GLAMRADCGEMSALSDMEPPFN |
È possibile scaricare il crittogramma come file di testo (ASCII), cliccando sull'immagine sottostante.
(Scarica il file in formato .txt)
La Basilica di San Nicola - Bari