Con i suoi numerosi scorci di pacifica bellezza, e con l'alone di mistero e di leggende che le circondano, le Isole Tremiti costituiscono un paradiso naturale circondato dal mare, ideale sia per una villeggiatura ristoratrice, sia per la meditazione e per lo studio. Amministrativamente parlando, l'arcipelago consiste in cinque isole al largo della costa del Gargano, circa 22 km a nord del promontorio, che formano il territorio del comune di Isole Tremiti, in provincia di Foggia. L'isola più grande si chiama San Domino, ed è quella dove sono concentrati la maggior parte delle strutture ricettive e dei residenti. L'isola di San Nicola, ad un tiro di schioppo, e terza per grandezza, ed ha rilevanza soprattutto dal punto di vista storico ed architettonico, ospitando l'imponente abbazia fortificata di Santa Maria a Mare ed il convento-castello medievale fortificato soprattutto grazie all'interessamento di Carlo I d'Angiò. Tra le due isole s'insinua uno scoglio allungato, chiamato il Cretaccio, costituito prevalentemente da creta e argilla che lentamente si sta erodendo a causa dei movimenti ondosi, ed uno scoglio più piccolo chiamato La Vecchia. Ancora più al largo si trovano l'isola di Capraia, seconda per estensione, ma disabitata, conosciuta soprattutto per la folta vegetazione di piante di capperi selvatici, che le hanno dato il nome (contrazione di capperaia), e l'isola di Pianosa, dichiarata Riserva Marina Integrale dal 1989, per cui risulta inavvicinabile e irraggiungibile se non con speciali permessi delle autorità locali. Queste incantevoli lingue di terra, che si specchiano in acque azzurre e pulitissime, più volte insignite del prestigioso riconoscimento della Bandiera Blu, sono meta ogni anno di centinaia di turisti che le possono raggiungere imbarcandosi sui traghetti che partono dai porti di Vasto, Termoli, Vieste e Rodi Garganico, oppure volando in elicottero da Foggia.
L'attuale toponimo deriva dall'antico nome che l'arcipelago aveva per i Romani, Trimerus, a sua volta derivato da una locuzione greca che significa "tre luoghi" o "tre isole". Ma se volessimo giocare un po' con la fantasia, potremmo benissimo separare il toponimo in "tre miti": giacché di misteri e di leggende locali sulle isole ne aleggiano tanti, ma possiamo identificarne tre tra quelli più importanti.
Il primo filone è legato alla figura dell'eroe greco Diomede, uno dei sette Epigoni che combatterono contro Tebe ed eroe al fianco di Ulisse nella Guerra di Troia. Secondo il mito, dopo la caduta della città iliaca, Diomede cercò di far ritorno ad Argo, il suo paese natio, ma una serie di vicissitudini lo costrinsero ad abbandonare la sua patria. Artefice di tali imprevisti fu la dea Afrodite, desiderosa di vendetta in quanto offesa dall'eroe che senza riguardo le aveva ferito la mano mentre lei tentava di difendere il suo protetto Enea. Messosi in viaggio, Diomede navigò lungo l'Adriatico, fondando sulle sue coste numerose città; tra queste Vasto, Venafro, Benevento, Andria, Brindisi, Siponto e Canosa di Puglia. Anche le Tremiti hanno un'origine mitologica legata all'eroe greco: si dice siano nate da tre enormi massi che Diomede aveva riportato da Troia, e che aveva gettato nel mare da cui erano riemersi come isole (San Domino, San Nicola e Capraia). Le Tremiti, conosciute anche come isole Diomedee, furono anche l'ultima dimora dell'eroe greco, che qui trovò la morte e venne seppellito. La leggenda prosegue narrando di come gli affranti compagni dell'eroe vennero trasformati da Afrodite in uccelli marini (anch'essi chiamati diomedee, che popolano le isole volteggiando sui suoi cieli), per compassione, secondo alcuni autori tra i quali spicca Dioniso di Alessandria, dato che il loro verso richiama il pianto di un bimbo, o per vendetta, nella versione di Virgilio, affinché la sua tomba fosse costantemente insudiciata dai volatili. Se ci è concesso esprimere un parere, visti il risentimento e l'avversione che la dea della bellezza aveva sempre provato per l'eroe acheo, ci risulta difficile credere in un atto di compassione, mentre appare ben più plausibile l'ipotesi goliardica suggerita da Virgilio.
L'eroe greco è al centro anche di una seconda grande tradizione tremitese, inerente la costruzione dell'abbazia di Santa Maria a Mare. Si tramanda, dunque, che intorno al 312 d.C. si stabilì, sull'isola di San Nicola, un eremita. A questi, una notte, apparve in sogno la Madonna, che chiese all'uomo di edificare per le un santuario in quei luoghi. L'eremita, costernato, rispose che lo avrebbe fatto volentieri, ma la sua indigenza non gli avrebbe permesso di sostenere gli alti costi della costruzione. La Vergine indicò allora al sant'uomo un luogo preciso in cui scavare, e questi ubbidendo riportò alla luce un'antica tomba, che si rivelò essere la tomba dell'eroe greco Diomede. Trovatala piena di tesori e di ricchezze, l'eremita ne prelevò quanto bastava per costruire il nucleo primitivo del santuario, lasciando il resto come l'aveva trovato. Perciò una parte del tesoro di Diomede giacerebbe ancora sotterrato da qualche parte dell'arcipelago…
Il terzo mito che riguarda le isole ha un connotato più soprannaturale, e riguarda il grande scoglio disabitato conosciuto come il Cretaccio. Si dice infatti che su di esso, soprattutto all'approssimarsi di una bufera, si aggiri di notte uno spettro che cammina con la propria testa tra le mani, urlando la sua disperazione. Il fantasma apparterrebbe ad un detenuto che riuscì ad evadere dal penitenziario che una volta si trovava sull'isola. Quando il fuggitivo venne riacciuffato, subì la condanna a morte per decapitazione, e da allora inquieto continuerebbe a gridare la sua disperazione.
Un'altra sinistra presenza sarebbe stata avvistata anche sullo scoglio vicino, quello identificato come La Vecchia. In questi caso il fantasma sarebbe proprio quello di una vecchia signora, che si mostrerebbe prima di una tempesta intenta a filare da un arcolaio. Lo spettro apparterrebbe ad un'anziana strega che un tempo era stata proprietaria dello scoglio.
La ragione per cui abbiamo citato dettagliatamente alcune delle maggiori leggende che circondano l'isola, è che nei nostri studi relativi al simbolismo, appare frequentemente che quando su un determinato luogo insiste un numero troppo ampio di leggende e tradizioni, si può star certi che il luogo può essere considerato come un accentratore di energie sottili, un punto nodale di correnti telluriche. Per dare corpo ai nostri sospetti, occorre però individuare presenze simboliche, scolpite e perpetuate nella dura pietra dagli architetti che ne custodivano il segreto. L'unico posto in cui si può cercare è, senza dubbio, l'antica abbazia benedettina di Santa Maria a Mare, che venne costruita dai monaci cassinesi intorno al IX secolo. Nonostante l'ampia opera di ristrutturazione eseguita dai Canonici Regolari quando ereditarono la struttura intorno alla metà del XV sec., la chiesa conserva ancora oggi numerosi elementi del suo impianto originario, tra cui spicca il grande mosaico pavimentale ancora preservato piuttosto bene. La grande figura centrale, che rappresenta un variopinto grifone circondato da una serie di otto cornici concentriche a zig-zag, ricorda una figura solare e nel contempo sembra richiamare un antico mandala. Ai quattro angoli spiccano dei tondi recanti al loro interno delle figure di uccelli, ai lati vi sono invece dei pesci. Gli uccelli sono diomedee, e secondo alcuni recherebbero nei becchi dei ramoscelli di ulivo, il che richiamerebbe la tradizione cristiana delle colombe di Noè. È più probabile, però, visto il legame degli uccelli con la dea Afrodite, che essi rechino nel becco dei ramoscelli di mirto, pianta sacra alla dea, che cresce abbondantemente sull'isola e dal quale si ricava il delizioso liquore omonimo. Il richiamo alla dea porrebbe dunque la chiesa sotto il simbolismo delle dee madri e del principio del Femminino Sacro. In realtà, altri elementi tipici ci danno la conferma: per esempio, la dedicazione a Santa Maria del Mare, che gioca persino con la terminologia, ricordando l'assonanza del nome di Maria con i termini "mare" e "madre" (ancora più incisivo nella lingua francese, dove si traducono in Marie, mer e mère). Ma più di tutti a fare la differenza è la statua della Madonna Nera, chiamata "Santa Maria a Mare", esposta in una nicchia alla sinistra dell'altare principale, che risale al XII secolo e sembra avere origini bizantine. In un articolo a parte approfondiremo le caratteristiche simboliche di questa imponente chiesa che lo storico dell'arte Émile Bertaux definì "la Montecassino in mezzo al mare".
Il Santuario di Santa Maria a Mare