Esiste un'antica tradizione secondo cui il dio Saturno avrebbe fondato cinque città nel cuore del Lazio, in quella splendida e ridente regione chiamata "Ciociaria", nella provincia di Frosinone. Non sono, ovviamente, le uniche città che si ritengono fondate dal dio, ma queste cinque hanno delle particolari caratteristiche in comune: sono tutte città il cui nome comincia per "A", e sono caratterizzate, oltre che per le numerose bellezze storiche ed artistiche che i suoi monumenti conservano, per la presenza di mura poligonali. Si tratta delle città di Alatri, Anagni, Arpino, Atina e Antino (che oggi è conosciuta come Ferentino).
L'attribuzione leggendaria, tuttavia, sottintende tutto un complesso simbolismo che è legato, principalmente, agli antichi culti pagani, in special modo quelli di origine persiana, e legati alle tematiche della fecondità e delle "energie della terra". Vediamone gli aspetti principali.
Nella mitologia romana, Saturno era il dio dell'agricoltura e delle messi e corrispondeva al dio greco chiamato Crono, figlio di Urano (il Cielo) e di Gea (la Terra). Egli aveva governato il mondo durante la mitica Età dell'Oro, e in ricordo di questa antica epoca di benessere, i Romani celebravano delle feste chiamate Saturnalia, in corrispondenza del Solstizio d'Inverno (precisamente, intorno al 17 Dicembre). In queste feste, e solo per un giorno, il ruolo dei padroni e degli schiavi si invertiva, ogni regola veniva sovvertita ed ogni vincolo morale poteva essere ignorato ("semel in anno licet insanire" dicevano i Romani, cioè "una volta all'anno è lecito folleggiare). Le feste dei Saturnalia, insieme a quelle dei Lupercalia, diedero in seguito origini alle nostre tradizioni legate al Carnevale. Il Solstizio d'Inverno ci ricorda un'altra festa pagana, quella dedicata al Sol Invictus, al Sole Invincibile, fulcro centrale del culto del dio Mitra. Nei misteri mitraici, Saturno governa il grado più elevato, quello di Pater; i suoi attributi simbolici sono il falcetto, la patera ed il berretto frigio. Nelle scene della tauroctonia, l'uccisione rituale del toro, Saturno è rappresentato simbolicamente dallo stesso Mitra. L'elemento simbolico del toro, che da sempre è simbolo di fecondità e di quella forza divina e creatrice che si rinnova ciclicamente nella natura, è molto importante ed è ulteriormente sottolineato dalla lettera iniziale del nome delle città.
Il simbolo del Pentalfa può essere visto come l'unione di cinque lettere 'A', o Alfa
La "A" è la prima lettera di molti alfabeti (in particolare quello latino, quello greco, dove è chiamata alfa e mantiene la stessa forma, e quello ebraico, dove è chiamata alef). La forma grafica della lettera è stata ricavata rovesciando il glifo che rappresenta la testa di un toro. La famosa e ben nota stella a cinque punte (il pentagramma) non è altri che l'unione di cinque "A" in simmetria radiale (un altro nome di questo simbolo è, appunto, pentalfa, cioè "cinque alfa"). Dunque le cinque città saturnie che cominciano per "A" rappresentano nell'insieme un "pentalfa", un ben noto simbolo di Venere e (attraverso l'associazione di questa della ai culti della Grande Madre, spesso celebrati insieme o nelle vicinanze a quelli di Mitra) del Femminino Sacro. È così che nella leggenda delle cinque città saturnie confluiscono i miti legati al Grande Padre/Pater Saturno insieme a quelli legati alla Grande Madre. È l'unione del Cielo con la Terra, ben rappresentata dalla figura simbolica del toro il quale ha le quattro zampe solidamente piantate sul terreno (il quadrato è il simbolo universale della Terra) e le corna arcuate rivolte verso il cielo (il cerchio è il simbolo universale del cielo).
Caratteristica comune alle cinque città è la presenza di mura poligonali, cioè realizzate con grossi blocchi di pietra diversamente squadrati e messi in opera tra loro senza opera cementizia di legame. Queste mura vengono dette anche "ciclopiche", in riferimento alla tradizione narrata da storici come Euripide e Strabone, che vuole siano state costruite dai mitici Ciclopi, o anche "pelasgiche", in relazione al mitico popolo pre-ellenico dei Pelasgi, navigatori giunti dall'oriente che avevano costruito opere simili nelle città micenee di Tirinto, Argo e la stessa Micene. Una caratteristica comune di queste mura è che spesso gli architravi delle porte d'ingresso sono realizzati con dei blocchi monolitici che arrivano a pesare fino a tre tonnellate; il record è costituito da quello che sovrasta la Porta Maggiore dell'Acropoli di Alatri, che ha un peso stimato di circa 27 tonnellate!
Sulla datazione e sull'attribuzione delle mura poligonali c'è sempre un dibattito tra gli studiosi ufficiali e quelli "di confine". Per i primi, le mura sono state realizzate dai Romani negli anni tra il VI e il V sec. a.C. Il fatto che, ad es., in nessun'altra zona del loro vasto impero, oltre al centro del Lazio, essi abbiano realizzato opere simili è, secondo gli archeologi ufficiali, del tutto trascurabile. Invece, ci sono ricercatori che si battono per dimostrare l'origine pre-romana delle mura "megalitiche", e citiamo (per averne parlato nel sito) le teorie del ricercatore Ornello Tofani, relativamente all'Acropoli di Alatri, esposte nell'articolo che ci ha gentilmente fornito.
Una suggestiva veduta dall'Acropoli con la Triplice Cinta
Cominciamo, seguendo l'ordine alfabetico, proprio dalla cittadina di Alatri. Il centro storico del paese è letteralmente "invaso" dal simbolo della Triplice Cinta, che incontriamo inciso in orizzontale, sui gradini di alcune chiese (San Francesco, Santa Lucia), ma anche in verticale, sull'architrave della Chiesa di San Silvestro, oppure alla base di una fontana, lungo la salita che da San Silvestro conduce a Santa Lucia. Troviamo altre Triplici Cinte sui muretti laterali della scalinata che conduce alla Cattedrale di San Paolo (legata ad un famoso miracolo eucaristico), in cima all'Acropoli. Sempre qui, incisa su un masso e perfettamente orientata con i punti cardinali, troviamo un altro splendido esemplare scoperto da Ornello Tofani e Gianni Boezi, che ha dato origine alle loro ricerche sul passato pre-romano dell'Acropoli e delle sue mura. Ancora, sull'architrave della Porta Minore delle mura dell'Acropoli, troviamo, a testimonianza di antichi rituali e culti propiziatori della fertilità, il bassorilievo di tre falli arrangiati nella forma di una "T". Ma le "ricchezze" simboliche del paese non terminano qui: nella piazza principale sorge la Collegiata di Santa Maria Maggiore, la chiesa principale, che reca scolpito nel rosone il simbolo del Centro Sacro (replicato, in miniatura, anche all'interno della citata chiesa di San Francesco) e che custodisce la statua della Madonna di Costantinopoli, dai profondi significati alchemici ed esoterici. Nel 1997, in un'intercapedine ricavata all'interno del chiostro della Chiesa di San Francesco, venne rinvenuto l'ormai celebre affresco del "Cristo nel Labirinto", un'iconografia straordinaria ed unica che sembra si possa attribuire (anche secondo il parere di alcuni studiosi ufficiali) ai Cavalieri Templari. Il ricercatore Giancarlo Pavat, che si dedica allo studio del labirinto e della sua simbologia da diversi anni, ha scoperto che il modello del labirinto alatrense è lo stesso di quello che si trova a Chartres, all'interno della Cattedrale di Nôtre-Dame, ed in altre località d'Europa, e le ricerche delle sue origini lo hanno condotto sin nella nordica Svezia, dove è stato rinvenuto un altro labirinto verticale dello stesso tipo.
Anagni: veduta del centro storico e del fianco del Duomo
Anagni viene spesso detta "Città dei Papi" non solo perché ha dato i natali a molti pontefici, ma anche perché è stata per molti anni residenza papale ed è legata, soprattutto, alla persona di Bonifacio VIII. Il celebre episodio dello "schiaffo", che ha avuto luogo in questa città all'interno del Palazzo Caetani, ebbe numerose ripercussioni sul mondo della cristianità, con l'elezione di un papa francese fedele alle linee politiche di Filippo il Bello, che portò allo spostamento del papato in Francia (Avignone), e diede al re l'occasione e il pretesto per sbarazzarsi dei Cavalieri Templari, verso i quali aveva ormai accumulato un ingente debito. Sembra che i Templari avessero per lo meno un presidio nella città: indizi della loro presenza potrebbero essere alcuni conci murati in una casa (oggi privata) nei pressi di Via Dante, che è stata identificata come Casa Templare, sui quali sono incisi dei Nodi di Salomone, una croce patente e un Fiore della Vita. Altre croci patenti sono scolpite su alcuni conci murati presso Piazza Papa Bonifacio VIII. La Cattedrale di San Magno, gioiello medievale dell'XI sec., offre numerose presenze simboliche, sia all'esterno, sia all'interno, ma è maggiormente famosa per la Cripta di San Magno, una cappella sotterranea meravigliosamente affrescata con temi di profondo carattere simbolico ed iniziatico, che è stata non a torto soprannominata la "Cappella Sistina della Ciociaria". Nel vicino Oratorio di San Tommaso Becket, un livello al di sotto della cattedrale e sorto in prossimità del luogo in cui, in epoca romana, potrebbe esserci stato un mitreo, tra i numerosi affreschi alle pareti è stata ritrovata una sinopia che rappresenta un Cavaliere Templare. Anche Anagni ha molto altro da offrire al visitatore in cerca di simboli: troviamo tracce di culti pagani della fertilità in un bassorilievo scolpito su uno dei pilastri che sorreggono la arcate del ponte chiamato degli "Arcazzi", appena riconoscibile nonostante il martellamento a scopo di censura. In una nicchia sulla parete esterna della Chiesa di Sant'Andrea spicca l'icona di una Madonna Nera. Di fronte ad essa, si erge la Casa Barnekow, un altro luogo legato ad un mistero: Albert Barnekow, barone di origini svedesi ed ex ufficiale degli Ussari abitò in questo luogo all'inizio del XIX sec. Da molti giudicato un pazzo ed un visionario, affermava di aver avuto visioni della Madonna e di Angeli. Studioso, a quanto pare, di alchimia e di magia, e vicino agli ambienti filosofici di Swedenborg, Albert ha fatto dipingere la facciata della sua casa con immagini simboliche ed allegoriche, ed ha fatto apporre vicino all'ingresso una coppia di lastre di pietra sulle quali ha fatto incidere un personale "decalogo", in una lingua mista tra lo svedese e l'italiano volgare, con tracce di latino e di francese.
Arpino: veduta panoramica al tramonto
La città di Arpino è nota per aver dato i natali ad alcuni importanti personaggi della storia di Roma, come Cicerone, Caio Mario e Marco Vipsanio Agrippa, ed anche al pittore rinascimentale Giuseppe Cesari, detto "il Cavalier d'Arpino". A parte la presenza delle mura poligonali, che come è stato detto è comune a tutte le città Saturnie, e il fatto che il paese ha per santa patrona la Madonna di Loreto, una ben nota Madonna Nera dai risvolti simbolici particolari (la leggenda della "traslazione" della Santa Casa potrebbe nascondere un'operazione messa a punto e condotta da un manipolo di Cavalieri Templari), non si conoscono altre presenze simboliche in città che la nostra pur breve visita (Novembre 2003) ci ha fatto scoprire.
Atina: la facciata del Palazzo Cantelmo
Situata sulla cima di una collina nel territorio della Valle di Comino, la città di Atina, citata nell'Eneide virgiliana, ha sempre goduto di una posizione strategica, sulla via di congiunzione tra gli abitati di Sora e Cassino. In antichità la città era consacrata al dio Saturno, e il tempio a lui dedicato venne successivamente distrutto per far posto alla cattedrale paleocristiana, eretta dal vescovo Leone. L'odierna Cattedrale di Santa Maria Assunta, costruita nella metà del XVIII sec., sorge sullo stesso luogo. Si conosce la presenza di una Triplice Cinta, graffita in verticale sul muro adiacente all'ingresso principale del Palazzo Cantelmo, oggi sede comunale. Accanto ad essa spicca anche il simbolo di un Centro Sacro multiplo, o alquerque. La costruzione del palazzo risale a dopo il terremoto del 1349, e sostituisce la precedente rocca dei d'Aquino: non è improbabile, dunque, che i blocchi con le incisioni degli schemi di gioco siano stati reimpiegati dalla precedente costruzione. Anche le altre chiese storiche di Atina sono sorte sui resti di edifici romani preesistenti: la chiesa di San Marco, ad es., nei pressi del cimitero, è sorta sul sito di una precedente domus romana, mentre quella di San Pietro è eretta sul luogo di un antico tempio dedicato a Giove.
Ferentino: la Porta Sanguinaria
La città di Ferentino è l'unica delle cinque città saturnie a non aver conservato l'antico nome iniziante per "A", ma quanto a presenze simboliche può ben rivaleggiare con le altre quattro. Numerose sono le Triplici Cinte, che si possono trovare nel muretto antistante la Chiesa di Santa Maria Maggiore, originaria del IX sec., che fu ristrutturata e utilizzata dai Monaci Cistercensi nel XIII sec., e sui gradini d'accesso alla Chiesa di San Pancrazio (IX sec.), che dipendeva dai Benedettini di Montecassino. Altre Triplici Cinte si possono trovare sui muretti e sui gradini della case in mezzo al paese: una davanti al Mercato Romano, un paio lungo la Via dell'Antica Acropoli, una al civico 39 di Via di Porta Sanguinaria e almeno due lungo il muretto che dal Criptoportico del Duomo scende verso il monastero delle suore Clarisse. Troviamo un frammento lapideo con i resti di una Triplice Cinta anche all'inizio di Via Suor Maria Caterina Troiani, inserito nel muro come materiale di costruzione. A parte i graffiti, Ferentino fu una delle basi che i Cavalieri Gaudenti avevano nel Lazio: della loro presenza rimangono i resti del Palazzo Gaudenti e la Chiesa di Santa Maria Gaudenti (XII sec.). La città è inoltre legata ad un importante personaggio storico, quel Pietro Angelerio del Morrone che divenne papa col nome di Celestino V, e che ne è anche santo patrono. Dopo la prigionia nel castello di Fumone, in seguito alla morte, che secondo alcune teorie non fu per cause naturali, le sue spoglie vennero traslate e sistemate nella Chiesa di Sant'Antonio Abate, appartenente all'Ordine dei Celestini che lo stesso papa aveva fondato. Solo successivamente esse furono nuovamente traslate e trasportate verso l'Abbazia di Collemaggio, a L'Aquila, da lui fatta costruire e ricca anch'essa di presenze simboliche.