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La Via Francigena


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(13) Torrenieri





Chiesa di Santa Maria Maddalena

La chiesa di Santa Maria Maddalena

(foto: Pufui Pc Pifpef I, licenza Creative Commons)



Torrenieri


Torrenieri, località toscana frazione del comune di Montalcino, cominciò a svilupparsi intorno al IX-X sec. con la costruzione del castello difensivo eretto durante il periodo di dominazione dei Franchi. A quell'epoca era già considerato luogo di sosta sicuro, perché Sigerico il Serio lo annota come tredicesima tappa del suo percorso di ritorno verso l'Inghilterra (quello che diventerà successivamente noto come Via Francigena o Romea), dopo essere stato a Roma a ritirare il pallio vescovile. Sull'origine del toponimo Turris Neri gli studiosi sono ancora incerti; molti ritengono sia un riferimento all'originario signore del castello, tale Ranieri dei Signori di San Quirico, oppure un Ranieri dei Cacciaconti, la potente famiglia feudale di origine senese che ha dato i natali, tra gli altri, al brigante Ghino di Tacco, che abbiamo già incontrato lungo il cammino. Secondo altre ipotesi, però, esso starebbe ad indicare "Torre Nera", un appellativo dovuto al colore scuro della pietra con la quale la torre è edificata, forse in conseguenza di un antico incendio [1].


L'edificio religioso di maggiore rilevanza è la Chiesa di Santa Maria Maddalena (XIII sec.), gestita dai Monaci Premostratensi della vicina Abbazia di Sant'Antimo sin dal 1216. La chiesa ha subito, nel corso dei secoli, diversi restauri fino ad assumere l'aspetto attuale, frutto dell'ultimo rimaneggiamento del XIX sec., che ha cancellato quasi del tutto ogni legame con il passato. La chiesa conserva al suo interno la statua lignea della "Madonna col Bambino in trono", realizzata da Domenico di Niccolò dei Cori tra il secondo e terzo decennio del XV secolo. Molto venerata dai pellegrini di passaggio, è stata dichiarata dall'Arcivescovo di Siena patrona della Via Francigena nel corso della celebrazione del Giubileo del 2000 ed incoronata, nella stessa occasione, da papa Giovanni Paolo II. È curioso notare come essendo l'artefice un noto ebanista, la statua è stata scolpita in questo legno noto per il tipico colore scuro, quindi nasce originariamente come Madonna Nera. A noi, però, si presenta dipinta a colori vivaci, con la carnagione di colore chiaro.


Ancora più antico è il Monastero di San Pietro ad Asso, che un documento del 715 lega al re longobardo Ariperto, che l'avrebbe fondato durante gli anni del suo regno (653-661). Oggi di quell'antico edificio non rimane che qualche rudere, essendo stato smantellato, alla fine del XVIII secolo, per la costruzione della Cattedrale di Montalcino.


Al 1606, infine, risale un'annotazione a proposito di un ospedale per pellegrini, intitolato a Sant'Antonio (probabilmente gestito dall'Ordine degli Antoniani). Questo edificio venne successivamente soppresso da Sua Maestà Imperiale nel 1754 ed unito con lo Spedale di Santa Maria della Scala a Siena.



L'Abbazia di Sant'Antimo



L'Abbazia di Sant'Antimo

L'Abbazia di Sant'Antimo

(foto: Lucawood, licenza Creative Commons)



All'epoca del viaggio di Sigerico, l'Abbazia benedettina di Sant'Antimo, che sorge nel territorio di Castelnuovo dell'Abate, frazione di Montalcino (SI), cominciava la sua prepotente ascesa come abbazia imperiale fondata, come riporta una leggenda medievale, niente meno che da Carlo Magno in persona. Il primo nucleo dell'abbazia risale all'epoca della morte del diacono Antimo, martirizzato insieme a San Donato, vescovo di Arezzo, nell'anno 352. Un piccolo oratorio, edificato sui resti di una villa romana, costituisce oggi la cripta della chiesa. La presenza di un'iscrizione latina che recita "Venite et bibite" (venite e bevete) fa pensare all'esistenza in loco di una sorgente d'acqua dalle proprietà terapeutiche. Nell'anno 770 i Longobardi decretarono la costruzione di un'abbazia sopra l'antico oratorio, e incaricarono del compito l'abate Tao di Pistoia.


Nel 1118 l'abbazia eredita tutti i possedimenti del Conte Bernardo degli Ardengheschi, e quasi contemporaneamente inizia la costruzione della nuova chiesa, ispirata alla grande abbazia francese di Cluny, affidandone la costruzione a maestranze francesi. La nuova abbazia visse in prosperità per circa un secolo, fino a cadere nelle mire territoriali ed espansionistiche della Repubblica di Siena, sempre in lotta con l'eterna nemica storica, Firenze. L'esito delle alterne vicende portò ad un accordo tra l'abate di Sant'Antimo, il comune di Montalcino e Siena, secondo il quale l'abbazia è costretta a cedere un quarto del territorio di Montalcino ai senesi.


Con la perdita del suo più importante centro giurisdizionale, l'abbazia cominciò una lenta fase di discesa, che culminò nella soppressione del 1462 ad opera di papa Pio II, quell'Enea Silvio Piccolomini che aveva trasformato il suo paese natale, Corsignano, in una prestigiosa città rinascimentale che da lui prese il nome di Pienza. Affidando i beni dell'ex abbazia di Sant'Antimo al vescovo Cinughi, suo nipote, e ponendo quest'ultimo a capo della neo-creata diocesi di Montalcino-Pienza, Pio II volle dare alla sua città ideale un vescovo che fosse già dotato di dominio e territorio.


L'abbazia declinò nei secoli a venire peggiorando nel suo stato di abbandono e desolazione, fino a che, nel 1870, essa passò sotto la giurisdizione delle Belle Arti. Con una serie di campagne di restauro che diedero a luogo a ben sette importanti interventi, l'abbazia tornò allo stato di splendore con il quale possiamo ammirarla ancora oggi. Alla fine degli anni '70 vi venne nuovamente instaurata una comunità di monaci premostratensi, canonici regolari ispirati alla Regola di Sant'Agostino.



Montalcino



Il Duomo di Montalcino

Il Duomo di Montalcino

(foto: Sailko, licenza Creative Commons)



Ubicato su di un colle che fu abitato sin dall'epoca degli Etruschi, il paese di Montalcino, famoso per la produzione dell'ottimo vino rosso D.O.C.G. "Brunello", denota sin dalle sue origini etimologiche una connessione con il sacro. In un documento datato 29 Dicembre 814 si attesta che l'imperatore Ludovico il Pio donò il territorio "sub monte Lucini" alla vicina Abbazia di Sant'Antimo. Il termine "Lucini" può riferirsi sia a Lucina, dea di origini etrusche legata al parto ed alla fecondità, sia al termine "lucus", che indica un bosco sacro dedicato ad una divinità. Altri suggeriscono una contrazione della locuzione "mons licinus", cioè "monte dei lecci", una pianta ampiamente diffusa nella zona che compare addirittura nello stemma cittadino, e che veniva considerata sacra dai Druidi e dagli stessi Etruschi.


Grazie alla sua posizione elevata dalla quale era possibile controllare le vallate dell'Ombrone e dell'Asso, Montalcino costituì una delle tappe più importanti sul tracciato dell'antica Via Francigena. Entrata nella sfera di controllo della potente Repubblica di Siena, Montalcino ne seguì conseguentemente le vicissitudini, rimanendo coinvolta nei conflitti con la rivale Repubblica di Firenze, e nelle lotte intestine per il potere tra le opposte fazioni dei Guelfi (che sostenevano il Papato) e i Ghibellini (sostenitori dell'Impero). Con la caduta di Siena nel 1555, Montalcino entrò definitivamente a far parte del Granducato di Toscana fino all'unità d'Italia.


Il prestigio avuto dalla città nel corso dei secoli è testimoniato anche dall'altro numero di edifici di culto che sorgono nel suo territorio. Il più importante e certamente il Duomo, edificato nel corso del XIX secolo in sostituzione della precedente pieve romanica, risalente all'XI sec.



La Badia Ardenga



La Badia Ardenga

La Badia Ardenga

(foto: © Vignaccia76)



Nel territorio circostante, oltra alla già citata Abbazia di Sant'Antimo, sorgeva anche il monastero di Sant'Andrea Apostolo, più comunemente noto come Badia Ardenga. Sorta nell'XI sec. per volere dei conti Ardengheschi, una potente famiglia signorile locale, l'abbazia venne inizialmente affidata ad una comunità di monaci Benedettini. Nel XIII sec. l'abbazia passò ai Vallombrosani della Badia di Coltibuono, nel Chianti, poi ad alcuni cardinali che si succedettero nella sua gestione. Nel 1464 il papa Pio II soppresse l'abbazia per motivi rimasti ignoti; i beni furono divisi in tre parti di cui una data in commenda alla famiglia Tuti di Siena, mentre le altre due vennero destinate rispettivamente alla costruzione della cattedrale di Montalcino ed al finanziamento della crociata contro gli Ottomani. Secondo una leggenda locale, per evitare che gli uomini del papa sottrassero tutti gli averi della chiesa, i frati nascosero da qualche parte una campana d'oro puro che non fu mai ritrovata. Nel corso del XVIII sec. l'imperatore Leopoldo II d'Asburgo-Lorena cedette definitivamente alla diocesi di Montalcino ed infine, più tardi, la giurisdizione fu trasferita alla diocesi di Siena della quale divenne parrocchia.


Situata su un percorso parallelo a quello dell'originaria Via Francigena, l'abbazia seppe costituire da valida alternativa ad esso, e permise di mantenere un collegamento tra Coltibuono, posta sotto la protezione dei Fiorentini, e la Val d'Orcia, territorio dei Senesi. Parzialmente distrutto alla fine del Medioevo, oggi ne possiamo ammirare la rimanente chiesa, ad un'unica navata al posto delle tre originali. La chiesa è provvista di una cripta sotterranea che era originariamente la più grande di tutta la Toscana, insieme a quella di San Salvatore al Monte Amiata.




Nota:


[1] È singolare notare un curioso accostamento simbolico tra la figura di Maria Maddalena, patrona del comune, e l'appellativo "Torre Nera". Il nome Maddalena significa "originaria di Magdala", l'antica città israeliana che sorgeva sulla sponda occidentale del lago di Tiberiade, citata dai Vangeli. "Magdala", a sua volta, deriva dal termine ebraico "migdal" che significa torre. La Torre è dunque uno dei simboli che identificano, soprattutto dal punto di vista esoterico, Maria Maddalena. Il fatto che sia definita anche "nera" ci riporta invece ad alcune credenze di stampo eretico, di cui abbiamo già parlato all'interno dei temi simbolici legati alle figure di Madonne Nere.




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