Sin dalle epoche più antiche la sopravvivenza e la propagazione della specie ha rappresentato per l'essere umano un bisogno primario ed essenziale. L'atto riproduttivo e gli organi in essi coinvolti diventano perciò per le religioni più primitive qualcosa di sacro e di inviolabile, per i quali era necessario propiziarsi la protezione e l'aiuto degli dei. Per questo nacquero e cominciarono a diffondersi i cosiddetti culti della fertilità, dove in associazione a cerimonie rituali di vario tipo si affiancano oggetti e rappresentazioni scultoree appropriate, di forma fallica o vulvare, atta allo scopo. Le forme di culto successive, nel corso dei secoli, hanno progressivamente dimenticato questo senso originario, associandovi invece gli aspetti più peccaminosi e lascivi. Le primitive rappresentazioni sono gradualmente sparite, o sono rimaste nascoste, o sono state scalpellate via in una sorta di censura puritana che nulla ha ottenuto se non l'effetto contrario, cioè l'esasperazione di questi aspetti più volgari e peccaminosi.
In alcune chiese, castelli o altri edifici medievali, soprattutto sui territori di Gran Bretagna e Irlanda, è possibile imbattersi in bassorilievi che rappresentano figure di sesso femminile (la controparte maschile è talvolta presente, ma è molto più rara) rappresentate con una vulva esageratamente ingrandita, il più delle volte mostrata con ostentazione. Uno dei migliori esempi di figure di questo tipo può essere visto all'esterno della piccola chiesa di St. Mary a Kilpeck, in Herefordshire. Un altro esempio ben noto è quello che si trova presso la Torre Rotonda a Rattoo, nella contea di Kerry, in Irlanda.
Le figure di questo tipo vengono chiamate "Sheela-na-gig", anche se talvolta si incontrano grafie alternative come "Sheila-", "Sìla-" o "Sela-na-gig".
L'origine e l'etimologia del termine non è chiara; questa denominazione appare citata per la prima volta in alcuni Procedimenti dell'Accademia Reale d'Irlanda (Proceedings of the Royal Irish Academy, 1840-44), dove designa il nome locale dato ad un bassorilievo che si trovava sul timpano della chiesa di Rochestown, nella contea di Tipperary, in Irlanda. Lo stesso nome veniva registrato nel 1840 da John O'Donovan, un ufficiale dell'Ordinance Survey d'Irlanda, in riferimento ad una figura trovata all'interno del castello di Kiltinan, nella stessa contea.
L'espressione non trova una diretta corrispondenza nella lingua irlandese e per questo sono state fatte diverse ipotesi. Il ricercatore Jørgen Andersen scrive che l'espressione deriva dalla frase "Sighle na Gcíoch", che significa "la megera dei seni", oppure "Síle ina Giob", che significa "Sheila (dal'irlandese Síle che è la forma irlandesizzata del nome proprio Cecile o Cecilia di origine anglo-normanna) accovacciata" [1]. Lo storico Patrick Dinneen fornisce anche "Síle na gcíoċ", definendola come "un feticcio di pietra che rappresenta una donna, supposto in grado di dare fertilità, che si pensa comunemente sia stato introdotto dai Normanni" [2]. Altri ricercatori hanno espresso dei dubbi a proposito di queste interpretazioni; la motivazione principale è che veramente poche di queste figure vengono rappresentate con i seni ed inoltre la connessione linguistica tra "ina Giob" e "na Gig" è dubbia.
Barbara Freitag dedica un intero capitolo all'etimologia del termine nel suo libro "Sheela-Na-Gigs: Unravelling an Enigma" [3], citando la comparsa del termine in contesti anteriori al 1840, anche se non direttamente collegati alle figure in questione. Tra questi riferimenti vengono citati il nome di una nave appartenente alla Marina Reale inglese nel XVIII sec. e il nome di alcune danze popolari irlandesi (derivate dalla "giga" o "jig") come la "Shilling a Gig", apparsa in "A Curious Collection of Favourite Tunes" di Brysson (1791) e "Sheela na Gigg", in "48 Original Irish Dances" di Hime (ca. 1795). Il riferimento più antico conosciuto a queste figure, invece, risale al 1781 e compare in "The History of the Isle of Wight" di R. Worsley [4] in riferimento alla figura di Binstead sull'Isola di Wight, che viene definita semplicemente come "l'idolo", un termine ripreso nel 1795 da J. Albin in "A New, Correct and Much-improved History of the Isle of Wight" [5].
1) figure di fertilità
Al pari dell'etimologia, anche sul significato di tali figure gli studiosi sono divisi ed hanno proposto diverse ipotesi. Questo perché nessuna delle ipotesi proposte spiega tutti i casi, ma si trova sempre un'eccezione. Ad ogni modo, l'ipotesi più comune è che si tratti di figure legate ai riti della fertilità e collegate alle varie tradizioni sulle "pietre della fecondità". Molte di queste figure, infatti, sono collegate al rituale del matrimonio: ad esempio in alcune chiese, come quella di St. Michael's at the North Gate di Oxford, la Sheela-na-gig veniva mostrata alla sposa durante il rito nuziale. Tale teoria, però, non si adatta a tutte le figure: alcune di esse sono molto magre, con le costole in rilievo ed i seni molto piccoli (ricordiamo, di contro, le figure della fertilità legate ai culti della Grande Madre che presentano sempre seni e pance molto prominenti, mentre è di solito assente la rappresentazione dell'apparato genitale), in molte di esse il volto appare rigato o solcato, come se si trattasse di cicatrici o tatuaggi.
2) sopravvivenza di una divinità pagana
Strettamente ma non necessariamente collegata alla fertilità è la teoria che vede nella Sheela-na-gig la reminiscenza della figura di un'antica divinità pagana, una delle tante dee-madri dell'antichità. Secondo questa ipotesi, molto popolare tra gli autori ma generalmente non accettata dagli accademici, essa sarebbe da accostare alla tradizione celtica, come la rappresentazione della dea Cailleach, che ha le sembianze di una megera, nella mitologia scozzese ed irlandese. Altri accostano la sua figura a quella di Baubo, la dea-madre di Priene, il cui mito è una derivazione da quello della dea Demetra. Secondo una tradizione, infatti, Baubo si presentò davanti a lei mentre si trovava ad Eleusi, nella ricerca disperata della figlia Core. Nell'offrirle da bere, l'anziana donna si alzò dalla sedia mostrando alla dea il sedere. Lei rimase impassibile, ma suo figlio Iacco rise talmente di gusto da riuscire a strappare un sorriso alla madre, il primo dopo il dolore ricevuto per la perdita di sua figlia. Secondo un'altra tradizione, Baubo era una donna dalle proprietà magiche, che era priva di testa e parlava attraverso la vagina. Fu sempre alla corte di Eleusi che incontrò la dea Demetra, e cercò di lenire la sua tristezza ballando in modo osceno e raccontando scene licenziose. La mitologia greca ne ha fatto la dea delle oscenità. L'Enciclopedia delle Religioni (ed. Mircea Eliade del 1993, [6]) accosta la figura della Sheela-na-gig agli antichi miti irlandesi della dea che garantisce la sovranità. Questa donna, che appariva sotto le sembianze di una vecchia lussuriosa, veniva rifiutata da tutti gli uomini, tranne uno che accettò di giacere con lei. Al suo risveglio, l'uomo trovò che la vecchia si era trasformata in una bellissima giovane, che gli conferì la regalità e benedisse il suo regno.
3) monito contro la lussuria
Altre teorie sostengono che queste figure venivano realizzate per istruire il popolo ignorante contro gli effetti nefasti della lussuria. Questa interpretazione spiegherebbe bene la ragione della presenza di queste immagini all'esterno o interno di molte chiese, ma, ancora una volta, non è sufficiente a spiegarle tutte. Figure come quelle poste sul cornicione della cattedrale di Ely, poco visibili da terra e ad occhio nudo, ma solo con un buon teleobiettivo, vanificano l'ipotesi istruttiva al pari di quelle tante figure trovate al di fuori del contesto religioso. Alcuni detrattori di questa ipotesi citano ad esempio l'esemplare di Haddon Hall, un'elegante casa di campagna inglese costruita nell'XI sec. da William Peverel, figlio illegittimo del re Guglielmo I d'Inghilterra. Il bassorilievo con la figura della Sheela-na-gig si trovava incassato sopra la porta d'ingresso delle stalle, un locale che oggi è adibito a toilette pubblica per i visitatori (e dove il bassorilievo, per motivi di preservazione dagli agenti atmosferici, è stato spostato nella saletta interna). In questo contesto, il monito contro la corruzione morale avrebbe poco senso. Tuttavia dobbiamo anche dire che il bassorilievo è stato chiaramente utilizzato come materiale di reimpiego, ed infatti le guide informano che venne trovato in un campo adiacente la tenuta, quindi non è affatto nota la provenienza iniziale del reperto né la sua valenza originaria d'utilizzo.
4) protezione contro il male
Incisione di La Fontaine, illustrata da Charles Eisen (1762)
Un'altra spiegazione avanzata da alcuni autori (Andersen, Weir e Jerman [7]) è che tali figure possano essere state scolpite con scopo apotropaico, cioè come protezione contro il male. Poste sul timpano di una chiesa o sul frontone di una porta o di una finestra, esse servivano a proteggere quelle aperture dall'ingresso di entità malevole. A sostegno di questa ipotesi, gli autori affermano che alcune di queste figure in Irlanda vengono chiamate "Pietre del Malocchio" ed inoltre riportano le antiche tradizioni secondo cui le donne sollevavano le proprie vesti, mostrando i genitali, per allontanare gli spiriti maligni, come appare in un'incisione di La Fontaine apparsa in Nouveaux Contes (1674), dove un demone appare spaventato alla vista di una donna che solleva la propria gonna davanti a lui. Questa ipotesi, come tutte le altre, serve a spiegare molte delle figure ma ancora una volta non copre tutta la casistica.
Esiste, anche se ancora più rara, una figura corrispondente di natura maschile. Si tratta, cioè, di raffigurazioni in cui sono rappresentati personaggi maschili nella stessa postura tipica della Sheela-na-gig, che esibiscono un fallo eretto tra le gambe. Per questa tipologia di figure non esisteva una nomenclatura specifica; solo recentemente il ricercatore di origini irlandesi Jack Roberts ha coniato il termine "Seán-na-gig" per rilievi di questo tipo [8]. Al contrario delle figure femminili, quelle maschili sono piuttosto rare in Irlanda ed in Inghilterra, mentre è possibile incontrarle sul continente europeo.
La singolare figura fallica nella Chiesa di St. Mary a Queniborough
Tra i casi particolari che abbiamo avuto noto di documentare personalmente, si cita il singolare elemento decorativo ligneo presente sotto il soffitto a capriate della chiesa di St. Mary a Queniborough (Leicestershire, Regno Unito). La figura rappresentata in un angolo mostra una curiosa figura dai tratti somatici grotteschi che ostenta, tra le gambe allargate, un enorme fallo. Tra le varie ipotesi, si ritiene che la chiesa di Queniborough facesse parte delle proprietà dei Cavalieri Templari di stanza alla precettoria di Rothley, che si trova circa 8 km più ad est, insieme ad altre simili presenti in zona (come Baggrave e Gaddesby).
In Italia abbiamo trovato un caso interessante di "Seán-na-gig" tra le metope del cornicione del Duomo di Modena, sul lato che prospetta verso Piazza Grande. Tra sirene bicaudate, imitazioni di Green-Men ed altre figure più o meno grottesche, possiamo osservare questo bassorilievo che riproduce un uomo giovane, dalla lunga chioma fluente, che esibisce i propri genitali. L'espressione del personaggio è alquanto seriosa.
Un altro esemplare, anche questo molto peculiare, lo abbiamo documentato all'interno del Duomo di Civita Castellana (VT). Da una porta di accesso nella navata sinistra si accede ad un ambiente attiguo, l'Oratorio del Cuore di Maria, edificato come cappella separata nel corso del XIV secolo. Qui si trovano esposti due plutei cosmateschi affiancati da leoni, che originariamente delimitavano il presbiterio della cattedrale. Sono databili tra il 1231 ed il 1240. Su uno di questi, tra le zampe del leone posto sul lato sinistro, sta seduto un omino nudo, che anche in questo caso esibisce i propri genitali sorridendo in modo beffardo.
Da notare, infine, che né per quanto riguarda l'esemplare di Queniborough, né per i due casi citati in Italia, il fallo risulta eretto. Si tratta, forse, di una sorta di auto-censura dovuta alla necessità di evitare ogni riferimento sessuale alla rappresentazione? Di fatto questa questione necessiterebbe di essere approfondita, magari quando gli esemplari al vaglio delle analisi risulteranno più numerosi.
Come già accennato in apertura, la maggior parte delle figure di Sheela-na-gig si trova in Irlanda, dove è conosciuto almeno un centinaio di casi. È stato notato che esse si trovano soprattutto nelle aree che furono di influenza normanna. Parecchi casi si trovano anche in Inghilterra, e sono intorno alla cinquantina. L'incertezza risiede nel fatto che un certo numero di questi casi risulta dubbio, nel senso che alcuni studiosi mettono in dubbio l'interpretazione di una certa figura come Sheela-na-gig: è il caso, ad esempio, dell'esemplare graffito nella Royston Cave (vedi immagine nella galleria correlata). Un certo numero di esemplari può essere visto, infine, anche in Francia, in Spagna (nella regione della Galizia), in Norvegia, in Svizzera e nelle Repubbliche Ceca e Slovacca.
Non si conoscono casi di Sheela-na-gig in Italia, almeno per il momento (settembre 2016), mentre abbiamo già citato le almeno due figure itifalliche riscontrate presso le Cattedrali di Modena e di Civita Castellana. Non si esclude che altre possano venire fuori, che saranno propriamente segnalate in questa pagina oppure in una galleria apposita.
[1] Jorgen Andersen, "The Witch on the Wall", Copenhagen: Rosenkilde and Bagger, 1977.
[2] Patrick S. Dinneen, "Foclóir Gaeḋlge agus Béarla", Dublino: Irish Texts Society, 1927.
[3] Barbara Freitag, "Sheela-na-gigs: Unravelling an Enigma", Londra e New York: Routledge Taylor and Francis Group, 2004.
[4] Sir Richard Worsley, "The History of the Isle of Wight", Londra: A. Hamilton per R. Dodsley [ed altri], 1781.
[5] John Albin, "A New, Correct and Much-improved History of the Isle of Wight", Londra: J. Albin, 1795.
[6] Mircea Eliade (editore), "The Encyclopedia of Religion", New York: Macmillan, 1993, per l'Università di Chicago
[7] Jorgen Andersen, op. cit.; Anthony Weir e James Jerman, "Images of Lust: Sexual Carvings on Medieval Churches", Londra, B. T. Batsford Ltd, 1986.
[8] Jack Roberts, "The Sheela-na-Gigs of Britain and Ireland: An Illustrated Guide", Skibbereen, West Cork: Key Books Publishing, 1993.