La Venere di Willendorf
Ashmolean Museum, Oxford (replica)
Con il termine Grande Madre si intende generalmente indicare una divinità femminile a carattere primordiale, nelle quale vengono incarnati degli aspetti fondamentali della vita umana: la fertilità e la generazione della vita, la terra nella sua capacità di produrre cibo ed acqua per il sostentamento, e l'aspetto peculiare di mediazione tra il divino e l'umano. Presente in quasi tutte le forme cultuali e le mitologie conosciute, la Grande Madre assume di volta in volta tutti gli aspetti sopra elencati, oppure a volte ne accentua alcuni a discapito di altri, oppure ancora gli stessi aspetti vengono separati e peculiarizzati in più divinità, rigorosamente di genere femminile. Nello specchio riassuntivo presentato al termine dell'articolo, che elenca le varie incarnazioni della Grande Madre nelle località e presso le civiltà più note, ci si rende facilmente conto di quanto il concetto sia universale e ben radicato in culture assai diverse l'una dall'altra.
Il culto della Dea Madre risale a tempi molto antichi: al periodo Neolitico (dal 7000 al 3500 a.C.) e,
forse, addirittura a quello Paleolitico, se si interpretano in questo senso le tante figurine di donne panciute e dai grandi seni che
sono state ritrovate in tutta Europa. A queste figure, che vengono definite "steatopigie" (cioè
"dalle grosse natiche", dal greco στεας, "grasso", e
πυγε, "natica"), è stato dato spesso il nome di "Veneri",
proprio in connessione con il culto della dea.
Con l'evolversi della civiltà, gli attributi e le caratteristiche che inizialmente erano raggruppati in una sola divinità
femminile, cominciarono ad essere specializzati e moltiplicati attraverso divinità distinte. Così abbiamo alcune dee
più tipicamente rappresentative dell'amore di tipo sessuale (come Ishtar,
Astarthe, Afrodite o Venere), altre più legate
alla fertilità (come Ecate), altre ancora legate
alla caccia (Artemide, Diana), ed infine molte di esse
sono associate alla prosperità dei campi ed ai cicli delle stagioni
(come Demetra, Cerere, Persefone,
Proserpina).
Persefone e Proserpina, al pari di Bona Dea e Mater Matuta, sono anche collegate
all'oltretomba ed alla morte: questo perché il ciclo di stagioni segue il
paradigma della morte e della rinascita, cioè il seme ha bisogno di morire per generare una nuova pianta, che al termine del ciclo
darà altri semi. Ecco perché la dea incarna spesso un aspetto notturno e lunare che in alcune culture è stato
travisato e reso come un aspetto negativo e malefico. In realtà, non rappresenta che un principio fondamentale della Natura, e
tutti i contadini sanno che il raccolto sarà migliore se piantano i semi nel periodo in cui la luna è in fase di plenilunio.
L'aspetto principale del culto della Grande Madre è il suo carattere fortemente tellurico. La
Terra, infatti, incarna da sempre l'aspetto femminile e sacro della divinità, perché genera le piante, produce i frutti e
permette alla vita di perpetuarsi. In questo, dunque, essa si oppone al Cielo, a cui è sempre stata attribuita una valenza maschile.
Per questo, nel simbolismo universale, un elemento orizzontale rappresenta l'aspetto femminile, mentre quello verticale l'aspetto femminile;
il più elementare dei simboli, la croce, non è altro che, in prima analisi, l'unione di questi due
aspetti fondamentali, il modo più semplice per esprimere il Dualismo insito nella Natura.
La terra, nel suo aspetto scuro e umido, ricorda il grembo e quindi l'utero nel quale la vita viene generata; non fa meraviglia, dunque,
il fatto che il simbolo che da sempre le è stato associato è un triangolo equilatero che rivolge la punta verso il basso,
che in aggiunta presenta un trattino orizzontale in corrispondenza del vertice inferiore. Per lo stesso motivo, molti dei culti tributati
alla Grande Madre si svolgevano in cavità sotterranee (ipogei). Il termine per definire questo aspetto
della divinità è "ctonio", che deriva dal greco
χθονιος; e significa "sotterraneo". Questo fornisce un
altro aspetto, meno noto, ai culti della Grande Madre: il legame con le energie telluriche. L'argomento in
questione è troppo vasto ed articolato per essere trattato in questa sede; è bene tenere in mente, per il momento, che
queste energie sottili scorrono sotto terra e formano dei reticoli invisibili. Nei punti nodali di questi reticoli le energie sono
più forti, e quasi sempre corrispondono, in superficie, a siti importanti, ritenuti sacri fin dall'antichità, nei quali
sono stati edificati un tempio dopo l'altro, dalle culture che vi si sono avvicendate. Colline (naturali o artificiali), grotte e specchi
d'acqua contraddistinguono queste località, così come la presenza di rocce (come le pietre della fertilità) e sorgenti
(pozzi e fonti sacre) dalle caratteristiche particolari e dalle proprietà taumaturgiche. Uno dei tanti simboli da sempre utilizzato
per indicare queste correnti telluriche sotterranee è quello del serpente, ed è per questo motivo
che in molte raffigurazioni delle dee madri compare questo animale. Si noti ancora che esistono altri culti, non specificamente tributati
ad una divinità femminile, che si ispirano alle stesse tematiche:
il mitraismo, primo fra tutti, ma anche il culto
di Sabazio. Non è infrequente, perciò, che essi venissero celebrati insieme nelle stesse locazioni,
come abbiamo avuto più volte occasione di rimarcare, sia a proposito dei mitrei
di Ostia Antica, sia riguardo a quelli situati
in Inghilterra lungo il Vallo Adriano, in particolare il mitreo
di Carrawburgh.
L'altro aspetto importante del culto della Grande Madre è quello legato alla fertilità. Anche in questo caso il discorso è complesso ed articolato, da non poter essere trattato adeguatamente in una sola pagina. Ne abbiamo tuttavia già presentato diversi aspetti simbolici in altri articoli pubblicati in passato. Le pietre della fertilità sono rocce la cui proprietà è quella di assicurare la fertilità alle donne che vi vengano in contatto. La più famosa roccia di questo tipo è il monolito di Baalbek, che si trova in Libano ed è la pietra lavorata dall'uomo più grande del mondo. Nella lingua araba locale viene chiamata "Hajjar el-Houble", ossia la "Roccia della Partoriente", per i motivi su elencati. Tante altre pietre di questo tipo hanno la forma di un Uovo, che tra i più importanti significati simbolici c'è senza dubbio quello legato alla generazione della vita (molte divinità femminili sono collegate alla figura dell'uovo, si veda l'approfondimento dedicato all'argomento). Infine, non bisogna dimenticare le pietre nere, del colore delle viscere della terra (ispirato al limo che rendeva fertili le terre d'Egitto dopo le piene del Nilo). La dea Cibele, a Pessinunte, veniva adorata sotto forma di una pietra conica di colore nero, che è un Omphalos a tutti gli effetti (e che divenne il Lapis Niger posto dai Romani al centro del Foro). Maggiori dettagli al riguardo sono stati forniti nell'articolo scritto a proposito del Bethel. Gli stessi aspetti simbolici compaiono in diverse altre forme: nei culti pagani di derivazione celtica troviamo le figure denominate Sheela-Na-Gig, a carattere antropomorfo di genere indubbiamente femminile, perché esse ostentano una vulva esageratamente grande in proporzione alla figura stessa. Sono diffuse tipicamente in Inghilterra ed in Irlanda, e sono praticamente inesistenti in altri paesi, anche perché nella maggior parte dei casi l'intransigente cultura cattolica ha provveduto adeguatamente alla rimozione o cancellazione, così come è stato fatto per le tante immagini falliche, che non hanno nulla di osceno ma rappresentano l'aspetto fondamentale delle generazione della vita, nella controparte maschile. Nella cultura cristiana l'aspetto di fertilità è incarnato in una variante peculiare dell'iconografia mariana che è quella delle Madonne Nere.
Simboli della Dea o associabili alla Dea
Ricapitolando, nella trattazione finora presentata, abbiamo già messo in evidenza molti dei
simboli associati alla Dea Madre, alla femminilità ed altri aspetti ad essa legati. Abbiamo citato il triangolo
con la punta verso il basso e il trattino (simbolo alchemico della Terra),
il serpente (energie telluriche), l'uovo, la pietra nera,
la Madonna Nera, la Sheela-Na-Gig. Vanno ancora aggiunti
la caverna, che simbolicamente è identificata con un glifo a forma di ferro di cavallo (mantenuto persino
nelle moderne legende cartografiche), l'acqua, simboleggiata da una linea a zig-zag (una successione dei simboli
della Lama e del Calice) oppure
ondulata, o ancora da un triangolo equilatero con la punta rivolta verso il basso (non a caso, molto simile al simbolo della Terra).
Abbiamo ancora la spirale, che può indicare il vortice delle acque in movimento o quello, più
simbolico, delle energie telluriche nei punti nodali, e tutti i simboli derivati, come la doppia spirale,
il Triskelion celtico e il Labirinto. Abbiamo la coppella,
piccola cavità arrotondata che troviamo nei più antichi petroglifi e che non è altro che l'ennesima metafora per
indicare l'utero ed il ventre. Successive modificazioni di questo simbolismo sono diventate la Coppa,
il Calice, il Vaso, il Piatto (che hanno successivamente
portato all'allegoria del Graal).
Il Pentagramma, derivando la sua forma dal tracciato
che il pianeta Venere forma sullo Zodiaco, incarna l'aspetto del Femminino Sacro, ed in relazione a Venere
(una delle divinità femminili del pantheon romano, corrispondente all'Afrodite dei Greci) sono anche il suo simbolo astrologico,
che in Alchimia denota anche il metallo Rame ed è oggi conosciuto come simbolo universale della donna,
e la colomba, l'animale sacro alla dea.
Tra gli altri animali sacri alle varie dee-madri troviamo il leone (sacro a Cibele: è in questa chiave
che dobbiamo interpretare simbolicamente le tante bocche di fontane foggiate come la testa di questo animale),
la civetta (sacra a Minerva, di cui abbiamo parlato a proposito della città
di Digione) e gli animali simili,
protagonisti della notte: il gufo, il barbagianni, la strige;
l'orso (sacro ad Artemide). Nel mondo animale sono anche da annoverare tutti quegli animali che hanno a che
fare con l'acqua, come la rana, l'anguilla (che ricorda il serpente di terra), gli
uccelli acquatici (l'anatra, il cigno, la gru,
l'oca). Inoltre, abbiamo il ragno al centro della sua tela spiraliforme,
l'ariete, per le sue corna a forma di spirale, la chiocciola, per il guscio della
stessa forma, la gallina (nel suo aspetto materno di chioccia, custode dei pulcini),
la gatta, la leonessa, la pantera, e ancora
la mucca, per il latte, ma anche il toro e il bisonte
(figure legate, come il serpente, alle energie della terra, e che richiamano la falce lunare nella forma delle
corna).
L'Ankh, attributo della dea Iside, non è altro che una variante grafica del simbolo del rame, ed anche
altri attributi come la falce lunare e lo strumento musicale chiamato sistro, fanno parte del mazzo.
La losanga, o il rombo, e
la Vesica Piscis, richiamando
la forma della vulva, sono anch'essi simboli della Dea, e per estensione lo sono anche i simboli derivati, come
la Triquetra.
La mandorla, per la stessa forma,
la noce (per la somiglianza con l'uovo) sono altri simboli
riferiti alla dea nel mondo vegetale, a cui va aggiunta anche la mela (che non a caso ricorre in tanti miti e
persino nella Bibbia, come fonte del peccato di Adamo ed Eva, istigato da un serpente): questo frutto, tagliato longitudinalmente, presenta
infatti la figura del Pentagramma nella quintupla divisione del torsolo che cela i semi. La connessione con il numero
5 aggiunge al già nutrito gruppo anche la rosa (oggi attributo di Maria, cui è dedicato
il mese di Maggio, ma un tempo attributo della dea, ricordando che il nome del mese deriva da quello di Maia,
un'altra incarnazione della dea), specialmente quella pentafogliata che compare negli stemmi araldici (come la famosa rosa rossa dei
Lancaster e quella bianca dei York).
Nel mondo vegetale abbiamo ancora l'albero in generale, e specialmente quelli con delle fenditure oblunghe
lungo il tronco, che venivano ritenuti sedi della dea, ed alcuni alberi particolari come
l'olmo e la quercia; tra i
fiori, l'orchidea e la ninfea (come pianta acquatica). Tra i frutti abbiamo
la melagrana e tutti i semi in generale; tra gli ortaggi
la cipolla, che nella sua stratificazione ricorda le fasi lunari ed era sacra alla dea Iside.
Ma l'elenco è certamente incompleto; ce ne sono tanti e tanti altri, a riprova del fatto che questo concetto è antico
quanto il mondo, e possiamo tranquillamente affermare che praticamente ogni simbolo esistente presenta un richiamo più o meno
velato ai culti della dea e della fertilità.
Così come i simboli, anche i nomi della Grande Madre sono tanti, ma il principio che essi rappresentano è sempre lo stesso. Di seguito, inseriamo un piccolo elenco delle diverse identità che la Grande Madre ha avuto attraverso culture e luoghi tra essi distanti e spesso molto diversi. A qualcuna di queste figure verrà dedicata, in futuro, una scheda a parte nella quale verranno approfonditi i tratti caratteristici ed i simboli collegati, come figure, piante ed animali totem, per allargare l'orizzonte iconografico ed interpretare, tenendo conto del giusto contesto, le numerose immagini simboliche ed allegoriche inserite in quadri, fregi decorativi, elementi architettonici, litografie, illustrazioni e quant'altro.
Inanna per i Sumeri,
Ishtar per gli Accadi,
Astarthe per i Fenici,
Anahita per i Persiani,
Anat presso Ugarit,
Ninhursag in Mesopotamia (V millennio a.C.),
Atargatis in Siria,
Iside in Egitto,
Artemide/Diana ad Efeso,
Baubo a Priene,
Afrodite/Venere a Cipro,
Rea o Dictinna a Creta,
Demetra ad Eleusi,
Orthia a Sparta,
Bendis in Tracia,
Cibele a Pessinunte,
Ma in Cappadocia,
Gea/Gaia e Atena per i Greci,
Brigit per l'Irlanda,
Dana/Anu per i Celti,
Bellona o Bona Dea per i Romani,
Mater Matuta presso gli Etruschi,
Vacuna per i Sabini,
Tanit per i Cartaginesi,
Quan-Yin o Guan Yin in Cina,
Kannon o Kanzeon in Giappone,
Gwan-eum o Gwan-se-eum in Corea,
Avalokitesvara in Tibet,
Durga (Kali/Parvati/Sarasvati/Lakshmi) in India,
Lada in Russia.
Torna all'indice degli Approfondimenti