Tappa fondamentale sul Cammino di Santiago, il percorso che fin dai tempi più antichi conduceva il pellegrino al Santuario di San Giacomo il Maggiore, a Compostela, in Galizia, Les-Saintes-Maries-de-la-Mer deve il suo nome alla tradizione secondo cui qui, nei primi anni del Cristianesimo, approdarono quasi miracolosamente, dopo aver vagato in mare su una barca priva di remi, le tre Sante Marie: Maria Salomè, Maria di Giacomo (o Maria Jacobi) e Maria Maddalena.
Secondo quanto riporta il Vangelo di Giovanni, Maria, madre di Gesù, aveva una sorella, moglie di Cleofa e madre di Giacomo, detto il Minore (o il Piccolo), che divenne uno dei Dodici Apostoli di Gesù. La tradizione le attribuì poi il nome di "Maria di Giacomo", o Jacobi, dal latino. Era, pertanto, una zia di Gesù ed aveva altri figli: Joses (o Giuseppe), Giuda e Simone, e delle figlie.
Maria Salomè viene invece menzionata due volte nel vangelo di Marco con il nome "Salome" (senza accento, Mc 15,40 e 16,1), e grazie ad un confronto con un testo paralello di Matteo (Mt, 27,56) la possiamo identificare come la "madre dei figli di Zebedeo", quindi di Giacomo il Maggiore (venerato a Compostela) e di Giovanni, l'Evangelista.
Le tre donne sono presenti durante l'esecuzione di Gesù (Mc 15-40; Mt 27,56): si narra che esse «stavano ad osservare dove veniva deposto» (Mc 15,47) e, trascorso il sabato, «comprarono oli aromatici per andare ad imbalsamare Gesù» (Mc 16,1). Saranno quindi le prime testimoni della Resurrezione di Cristo, ricevendo l'incarico di diffondere tale novella.
Dopo questi avvenimenti, nei Vangeli Canonici non si trova più notizia di loro. Esiste, però, tutta una tradizione parallela secondo cui a causa delle persecuzioni contro i Cristiani seguite alla morte di Gesù, le tre Marie furono arrestate ed imbarcate su una nave priva di remi e di vele che, guidata dalla Provvidenza, raggiunse le rive della Provenza, e approdò proprio qui, nel luogo che da loro prese il nome di "Saintes-Maries-de-la-Mer", e dove in seguito verrà costruita la chiesa a loro dedicata. È un dato storicamente attestato, se non altro, che il Cristianesimo prese a diffondersi in Europa proprio dalla Gallia, che divenne quindi la porta d'ingresso della nuova religione in Europa. Interessante segnalare che c'è un paese, in Italia, che accampa i diritti di possedere i veri resti di Maria Salomè, che secondo una tradizione del tutto diversa sarebbe invece approdata sulle coste del Lazio. Questi resti, insieme alle altre testimonianze della tradizione, si trovano nella Basilica di Santa Maria Salomè, a Veroli (FR), ed in questa pagina è riportata anche la tradizione che accompagna il ritrovamento di questi resti.
La tradizione pone l'arrivo delle Marie in Provenza verso il 42 d.C., a quell'epoca, probabilmente, risale la costruzione di un piccolo oratorio che darà inizio al culto. Si ha notizia dell'esistenza, nel V sec., di un piccolo santuario eretto su un isolotto boscoso, chiamato Sainte-Marie de l'Ilot, o Sainte-Marie-de-Ratis. L'edificio venne probabilmente distrutto tra l'VIII ed il X sec. in seguito alle invasioni saracene, e successivamente ricostruito. Nel 1080 il vescovo di Arles dona il santuario ai monaci di Montmajour (vicino Arles), che vi rimarranno fino al 1786. Nel XII sec. Sainte-Marie-de-Ratis diventa Nôtre-Dame-de-la-Mer, la chiesa viene ampliata, vengono aggiunti colonnati e capitelli nell'abside e la navata dell'antico santuario viene trasformata nel coro dei monaci. Nel 1244 la borgata a viene cinta da mura difensive e la chiesa-fortezza viene integrata nel sistema difensivo della città. Il 1315 è l'anno di fondazione della Confraternita delle Saintes-Maries, menzionata per la prima volta nel 1388. Notre-Dame-de-la-Mer diventa meta di visita di numerosi pellegrini, molti dei quali rifermano qui prima di proseguire il Cammino verso Santiago. Nel 1349 si scava la cripta sotterranea.
Nel 1448 una bolla papale autorizza il re di Francia Renato d'Angiò, conte di Provenza, ad intraprendere degli scavi. Verranno scoperti i resti delle "Sante Marie", successivamente riposti in una teca doppia sistemata, fin da quei tempi, nella Cappella Alta. Lo stesso re, l'anno successivo, farà ampliare la cripta. [1] Ai tempi della Rivoluzione Francese, nel 1749, il parroco ed un abitante del villaggio prelevarono parte delle reliquie per nasconderle. Le teche con le ossa rimanenti vennero bruciate dai rivoluzionari, ma alcuni fedeli raccolsero e conservarono quanto rimasto delle ossa carbonizzate. Verranno ritrovate e raccolte in nuove teche nel 1863; oggi esse sono visibili in una teca esposta nella cripta. Nel 1837 comincia ad affermarsi la nuova denominazione civile, che è quella attuale: "Les-Saintes-Maries-de-la-Mer".
Visibile da qualsiasi parte della città e dei dintorni, con poche eccezioni, la chiesa delle Saintes-Maries appare al visitatore molto più simile ad una fortezza che non ad un edificio religioso. In effetti, era stata concepita così per la sua posizione strategica: il paese, infatti, era la porta d'ingresso alla Provenza ed alla regione della Camargue, perciò facilmente soggetta ad invasioni e tentativi di assalto e di saccheggiamenti. La chiesa era progettata per resistere agli attacchi e conserva tuttora un pozzo d'acqua al centro della navata che forniva l'acqua per le necessità dei rifugiati. Non sfuggono all'osservazione le merlature difensive del torrione e del tetto (foto 1), sul quale è ricavato un cammino di ronda per le vedette. Sulla facciata sud si apriva un tempo la porta dei leoni, oggi murata. I leoni provengono con tutta probabilità da un precedente tempio pagano. Affacciandosi sulla piazza sottostante dal lato absidale, si nota sulla pavimentazione un curioso motivo decorativo esagonale in marmo rosa (foto 2), all'interno del quale si trovano tre triangoli equilateri bianchi, a loro volta divisi in tre triangoli con un quarto, centrale, di colore nero. I triangoli, nel loro insieme, assumono la conformazione di un Esagramma. Le diagonali dell'esagono proseguono all'esterno per un breve tratto per terminare in sei cerchi. Questa complessa simbologia ha soltanto uno scopo decorativo? Oppure è stata posta qui per rimarcare qualcosa di ben preciso a coloro che sanno comprenderla?
Si entra nella chiesa passando per una piccola porta laterale, sormontata da quella che viene chiamata la Croce della Camargue. Questo originale emblema molto significativo si compone di tre simboli sovrapposti. In alto si ha la croce, simbolo universale di Fede, i cui bracci terminano con la fiocina dei gardians, a testimonianza del lavoro quotidiano. In basso, a fare da solida base alla Fede, si ha l'ancora, che rappresenta la Speranza. Tra di esse, si pone un cuore, che simboleggia l'Amore, da porre al centro di ogni cosa. L'interno è a navata unica, senza cappelle laterali né decorazioni, a parte una piccola statua posta sopra l'ingresso che rappresenta un'anziana signora dal capo velato che reca in mano un piccolo secchio (foto 3). Al centro della navata si apre il pozzo di acqua dolce (foto 4), che doveva servire ai fedeli rifugiati nella chiesa in caso di assedio. Si dice che molte persone entrando nella chiesa e, soprattutto, nella cripta, abbiano avuto strane sensazioni e mancamenti. Nel caso della cripta, il soffitto basso ed il calore soffocante delle tante candele accese potrebbe esserne il responsabile, e la penombra in cui è avvolta tutta la chiesa unita alla suggestione potrebbero fare il resto. Potrebbero... ma la presenza di una sorgente d'acqua proprio sotto la chiesa, la stessa che alimenta il pozzo, potrebbe essere il chiaro indizio rivelatore che ci troviamo in presenza di un luogo "sacro", permeato da energie telluriche molto pronunciate. La statua di Santa Sara, che, come spiegato meglio più avanti, potrebbe essere legata al culto delle Vergini Nere, è un altro indizio molto importante. A sinistra, incastonata nel muro, una pietra levigata viene indicata come il "guanciale delle Tre Marie": è la pietra che venne ritrovata posta sotto il capo dei corpi rinvenuti durante gli scavi del 1448, levigata dalla venerazione di fedeli. A fianco, la scultura delle "Sante Marie" dentro la loro imbarcazione (foto 5), attorno alla quale sono appesi numerosi ex-voto per grazia ricevuta. Al di sopra di esse, un quadro rappresenta Maria Maddalena (foto 6). In alto, sopra l'altare, si scorge l'apertura della Cappella Alta, dove si trova custodita l'arca che raccoglie quanto rimasto delle reliquie salvate dalla furia iconoclasta della Rivoluzione Francese. Viene calata nella chiesa durante i pellegrinaggi. Attualmente (2007) la cappella è in restauro e non può essere visitata.
Il mistero più grande di questa chiesa rimane quello legato alla figura di Santa Sara, qui venerata insieme alle altre sante, nella cripta sotterranea che si apre sotto l'abside (foto 7). I Vangeli Canonici non parlano mai di questa Sara, ma esistono diverse tradizioni che la riguardano.
1. Una di queste è strettamente legata a quella delle Tre Marie: sarebbe stata, infatti, una delle loro ancelle, che però non era stata imbarcata insieme a loro. Dopo aver supplicato le sue padrone di non abbandonarla, salì sul mantello che intanto Salomè le aveva gettato, ed usandolo miracolosamente come una zattera, se ne servì per raggiungerle sulla barca.
2. Secondo un'altra tradizione, Sara non proveniva dalla Palestina, ma era originaria della Camargue, discendente da una famiglia nobile e regina di una sua tribù. All'arrivo delle Tre Marie, le avrebbe accolte e si sarebbe successivamente convertita alla nuova religione.
3. Esiste anche la tradizione secondo cui Sara avrebbe avuto origini egizie, badessa di un convento in Libia, oppure persiane, appartenente ad un gruppo di martiri.
4. Non mancano, poi, le tradizioni più eretiche, frutto di quella "letteratura di confine" che tanto va di moda di questi tempi: Sara non sarebbe altro che la figlia di Gesù e della Maddalena, nata quando probabilmente la madre si trovava ancora in Palestina, oppure durante la traversata. Secondo queste teorie sarebbe questo il vero Santo Graal, ovvero il Sangue Reale, che la Maddalena avrebbe recato con sé in Provenza, ed il “vaso” contenitore non sarebbe allora altro che un'allegoria del suo ventre, che gravido conteneva la stirpe divina, la discendenza di Gesù Cristo.
Ciò che più colpisce di questa statua (foto 8) è che la Santa ha la pelle scura, particolare che non può non richiamare i culti delle Vergini Nere ed i loro legami con quelli della Grande Madre e, ancora una volta, delle energie della Terra con le quali sono connessi. Quale che sia la verità su questo personaggio, si può affermare che la Chiesa non solo ha lasciato che il culto di Sara (pare che ufficialmente non sia mai stata santificata) prosperasse indisturbato, ma ha anche permesso che esso si sviluppasse parallelamente a quello che le viene tributato dai Gitani, che la venerano come loro protettrice e la chiamano “Sara-la-Kali”, cioè “Sara la Nera”. Ogni anno, tra il 24 ed il 25 Maggio, migliaia di loro si radunano in questa regione per venerarne la memoria: affluiscono nella cripta, la rivestono di numerosi abiti nuovi (ne sono stati contati una sessantina) e la portano in processione fino al mare, dove la festa prosegue con canti e balli.
Le stesse origini di questo popolo si ammantano di mistero: c'è chi sostiene che essi provengono dall'Oriente, dall'antica Persia, ma non esiste nessuna tradizione scritta che li riguardi. Le loro migrazioni cominciarono attorno all'anno 900, partendo dal Nord-Est dell'India. Di lì penetrarono in Persia, quindi si suddivisero in diversi rami, spargendosi attraverso l'intero continente europeo ed anche oltre. Sono conosciuti con molti nomi diversi: Gitani, Rom, Romanichels, Manouches, Bohémiens, Sinti, Yenich, ma anche più genericamente come Tsigani, Zingari o Popolo Itinerante. Fanno vita nomade, non soffermandosi mai per troppo tempo nello stesso posto. Amano la musica e la danza, e tutto ciò che riguarda la Natura e le sue forze vitali: l'acqua che tonifica, il fuoco che purifica, la brezza del mare. Vivono di espedienti, lavori stagionali o di artigianato, vendono articoli porta a porta o per le strade, predicono il futuro alla gente, suonano per le strade. Non sempre accettati e talvolta guardati con diffidenza, hanno attraversato periodi molto duri: dai sei secoli di persecuzioni e di schiavitù in Romania fino agli stermini nei campi nazisti.
Tutto questo, e non è poco, è Saintes-Maries-de-la-Mer, e non può che far riflettere il fatto che esso costituì, sin dalle origini, una tappa fondamentale, una delle prime in terra di Francia, del Cammino iniziatico del pellegrino verso la meta finale a Santiago di Compostela. Nella tradizione ermetica dell'Alchimia, la fase iniziale della Grande Opera è caratterizzata dal colore nero, dalla Prima Materia, la prima di quattro fasi chiamata “nigredo”. La chiesa scura nella penombra, la cripta bassa dalla volta completamente annerita e la statua di Santa Sara, Vergine Nera, al suo interno sembrano non essere frutto del caso, ma di un'arcana sapienza di cui, forse, i Gitani ne conservano arcaiche reminiscenze nella tradizione millenaria e poco conosciuta della loro esistenza.
[1] Secondo un elenco pubblicato nella discussa raccolta di documenti denominati "Dossiers Segreti", Renato d'Angiò ricoprì dal 1418 al 1480 la carica di IX Gran Maestro del Priorato di Sion, la misteriosa associazione segreta nata in seno ai Cavalieri Templari, il cui scopo era quello di preservare e perpetrare la stirpe divina del Cristo. Non sembra, quindi, un caso, che egli si sia dato tanto da fare per approfondire e diffondere il culto della Maddalena in Francia. Va sottolineato, però, che i "Dossiers Segreti" sono stati da tempo smascherati come falsi, e che non esistono prove documentali sulla reale esistenza storica del Priorato di Sion. La leggenda, per quanto suggestiva, è quindi ancora destinata a rimanere come tale.
Maria Maddalena e l'eredità catara