A dispetto del suo nome (Pont-Neuf significa, letteralmente, "Ponte Nuovo"), questo ponte è attualmente il più antico tra i ponti parigini sulla Senna, e il primo che attraversa il fiume in tutta la sua lunghezza. È, inoltre, uno dei novi ponti che collegano l'Île-de-la-Cité, l'isolotto che si trova al centro della Senna, con il resto della città. La sua costruzione iniziò nel 1578 per volere del re Enrico III; il progetto venne approvato il 16 Marzo e il 31 ci fu la posa della prima pietra, alla presenza delle due regine madri Caterina de' Medici e Luisa di Lorena-Vaudémont. Si trattava del primo ponte parigino in muratura, essendo tutti gli altri ancora di legno, e per questo ricevette l'appellativo di "nuovo". La costruzione si concluse 29 anni dopo, nel 1607, sebbene i lavori vennero sospesi per 10 anni tra il 1588 e il 1598 a causa delle guerre di religione francesi.
Con una superficie di circa 23 ettari, l'Île-de-Cité si staglia imponente al centro della Senna ed è stata, fin dai tempi più antichi, sede di insediamenti umani. Le più antiche tracce archeologiche trovate sull'isola risalgono alla romana Lutetia Parisorum, il nucleo primitivo della futura Parigi, ma alcuni studiosi sostengono che essa sarebbe stata la sede della più antica tribù celtica dei Parisii che ha dato origine al toponimo attuale. Oggi l'isola ospita due dei monumenti più insigni di Parigi: la medievale cattedrale gotica di Nôtre-Dame e il Palais de la Cité, un tempo palazzo reale, oggi sede del Palazzo di Giustizia, di cui rimane la splendida testimonianza della Sainte-Chapelle, la cappella sacra in cui il re Luigi IX il Santo depose le preziose reliquie della Passione: la Corona di Spine, un frammento della Vera Croce ed altre reliquie minori legate al Vecchio ed al Nuovo Testamento.
Nel 1314, verso la fine del processo intentato contro i Cavalieri Templari dal re di Francia Filippo IV, con l'appoggio del suo papa-fantoccio Clemente V, l'estremità occidentale dell'Île-de-la-Cité (oggi Square du Vert-Galant) divenne il luogo in cui furono arsi vivi l'ultimo Gran Maestro del Tempio, Jacques de Molay, insieme al Tesoriere del Tempio Geoffrey de Charnay, Gran Precettore di Normandia. A ricordo dell'evento, l'Histoire de Paris ha apposto sul luogo una targa commemorativa nella quale, tuttavia, la data dell'evento è sbagliata, ovvero precedente di una settimana. Una targa commemorativa affissa direttamente sul pilone del ponte, invece, riporta la data esatta.
A questo episodio è legata una delle più note e colorite leggende sul conto dell'Ordine dei Cavalieri: la "maledizione" di Jacques de Molay. Si narra, infatti, che poco prima di morire il Gran Maestro abbia gridato, rivolto al re che lo stava guardando mentre la pira ardeva: «Aspetto davanti al Tribunale di Dio il Re di Francia prima di trecento giorni, e il papa Clemente V prima di quaranta giorni!». Meno di quaranta giorni dopo, in effetti, il papa Clemente V, che da tempo soffriva di vomito irrefrenabile, morì nella notte tra il 19 ed il 20 Aprile 1314, presso Roquemaure-sur-Rhône, nei dintorni di Avignone. Successivamente, nel corso dell'anno, anche il re Filippo il Bello tirava le cuoia: secondo alcuni per un male di languore, secondo altri per un incidente di caccia. Non solo: nel giro di pochi anni tutti i discendenti di Filippo morirono uno dopo l'altro, per diverse cause, e il ramo della sua famiglia si estinse. Non mancò chi ipotizzò si trattasse di una cospirazione: la "maledizione" non fu altro che l'ultimo ordine del Gran Maestro a quei seguaci che, rimasti nell'ombra, tramarono affinché le parole del maestro venissero rispettate, avvelenando o causando incidenti alle persone coinvolte. C'è da aggiungere che alcuni secoli dopo, al termine della Rivoluzione Francese, quando il re Luigi XVI venne ghigliottinato (21 Gennaio 1793) ci fu qualcuno che salì sul patibolo ed afferrata la testa recisa del re avrebbe gridato «Jacques de Molay, sei stato vendicato!». Su queste leggende, che vanno prese in quanto tali non avendo alcun fondamento storico, molti ricercatori hanno speculato circa la sopravvivenza occulta dell'Ordine, quel fiume sotterraneo che affiorerà in diversi punti della storia sotto nomi ed istituzioni differenti e che confluì, secondo alcune ipotesi, nella Massoneria.
Targa commemorativa dell'Histoire de Paris |
Targa commemorativa su un pilone di Pont-Neuf |
Pont-Neuf è stato uno dei primi ponti parigini a disporre di marciapiedi. Oggi questi passaggi pedonali sono costeggiati da una fila di lampioni, la cui foggia è assai curiosa. Il volto barbuto che si vede alla base, infatti, somiglia troppo a Jacques De Molay per non pensare che sia stato fatto apposta! Non è l'unico esempio. Lungo le arcate del ponte, infatti, si trovano scolpiti 385 figure grottesche chiamati mascarons, ossia "mascheroni", opera dello scultore Germain Pilon. Sono tutti volti barbuti, tra i quali non è difficile trovare una qualche rassomiglianza, anche accidentale, con il volto del Gran Maestro. La barba, ad ogni modo, era un attributo fondamentale del templare, prescritta obbligatoriamente dalla Regola di San Bernardo. Sono alcuni di quei tanti esempi di simbolismo e di allusioni di cui la città di Parigi è piena.
Base di un lampione su Pont-Neuf |
Arcate di Pont-Neuf con i mascheroni |
Volti barbuti tra i mascarons di Pont-Neuf
Non lontano da Pont-Neuf, sulla punta occidentale dell'Île-de-la-Cité, si apre uno spiazzo triangolare lungo 102 metri e largo 67, chiamato Place Dauphine ed è la seconda piazza reale di Parigi dopo Place des Vosges (la quale, curiosamente, ha la forma di una Triplice Cinta). Costruita tra il 1599 e il 1606 per volere del re Enrico IV, essa deve il suo nome al delfino di Francia, il futuro re Luigi XIII. Ogni luogo parigino, però, presenta almeno una seconda lettura dal punto di vista simbolico, e anche questa piazza non fa eccezione: le coincidenze e le corrispondenze sono troppo puntuali e specifiche da non poter pensare che anche questo luogo sia stato designato con intenti iniziatici.
Tanto per cominciare, il titolo di "delfino" in Francia designava l'erede maschio al trono. Questa nomenclatura ha un'origine storica. Dopo la morte di Carlo Martello, avvenuta nel 741 d.C., la regione francese di Borgogna venne divisa in diverse contee. Nel 1030 la contea di Vienne venne affidata all'arcivescovo di Vienne il quale divise ulteriormente in due il territorio affidatogli. Egli diede la parte nord a Umberto I Biancamano, che dal suo casato prese il nome di Savoia, mentre la parte sud venne affidata a Ghigo I, che creò la contea d'Albon. Fu Ghigo IV, conte d'Albon dal 1133 al 1142, che cominciò per primo a fregiarsi del titolo di "Delfino del Viennois", ispirandosi al proprio soprannome a sua volta derivato dalla presenza di questo animale nello stemma di famiglia dei conti d'Albon. Secoli più tardi, nel 1349, Umberto II, ultimo Delfino del Viennois, rimasto senza eredi cedette la sua provincia al Re di Francia, Filippo VI, chiedendo in cambio che il primogenito erede al trono assumesse il titolo di Delfino. Il re accettò e da allora l'erede al trono porta il nome di Delfino.
La piazza ha la forma di un triangolo isoscele, con la punta rivolta verso Pont-Neuf e la base rivolta in direzione di Notre-Dame. A causa di questa caratteristica, nel suo romanzo autobiografico "Nadja", pubblicato nel 1928, il poeta e scrittore francese André Breton, teorico del surrealismo, definì questo luogo il "sesso di Parigi". Volutamente o no, lo scrittore ha centrato il punto fondamentale della storia: Place Dauphine, in effetti, è stata progettata (se non altro dal punto di vista simbolico) come punto nodale di energia di tipo femminile. La piazza, in effetti, rivolge la sua base in direzione della cattedrale di Notre-Dame, che come viene approfondito nell'articolo relativo, è dedicata alla Vergine e sorge su un antico luogo di culto della dea Iside, protettrice della fertilità.
Il delfino, come animale acquatico, è associato alla Luna ed alle divinità femminili, in particolare alla dea Venere, o Afrodite, che nacque dalla spuma del mare. Ciò avviene anche grazie all'assonanza, non casuale, del termine greco delphis, che indica l'animale, con delphys, che indica l'organo genitale femminile. Era l'animale sacro al dio Apollo, (dio del Sole = Principio maschile), ma il maggiore degli oracoli a lui dedicato si trovava in un luogo chiamato "Delfi" (in greco, Delphoi, derivato da Delphis), ed era retto da una sacerdotessa chiamata Pitonessa, o Pizia (da pitone, ovvero un serpente = simbolo delle energie telluriche).
Considerato sin dall'antichità il centro del mondo conosciuto, Delfi era anche l'omphalos per eccellenza, l'ombelico del mondo. Per il sito di Delfi passa la cosiddetta Linea di San Michele-Apollo, attraverso la quale sono allineati i più potenti luoghi energetici dell'Europa occidentale, associati al culto di San Michele Arcangelo. Una simbologia simile la ritroviamo al centro di Praga, la capitale esoterica d'Europa, che si dice sia stata fondata da una principessa pagana, la bella Libuše, che aveva la fama di prevedere il futuro. Il centro energetico della città è ubicato sul colle chiamato "Svinsky vrch", o colle del delfino, perché la sua forma ricorda la schiena di questo animale.
Contenuti del dossierLa Chiesa di Saint-Jacques-du-Haut-Pas La Chiesa di Saint-Germain-des-Prés Di prossima pubblicazione: L'Axe Historique |