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Chiesa di San Francesco


Vetralla (VT)




La Chiesa di San Francesco a Vetralla



L'attuale dedicazione della Chiesa di San Francesco, situata nel centro storico di Vetralla, risale all'inizio del XV sec (1406), quando papa Innocenzo VII concesse l'edificio ai frati Minori Francescani. Originariamente, quando la chiesa venne costruita (XI sec.), essa era dedicata a Santa Maria di Valle Caiano, probabilmente identificabile nella massa Calianum citata nella bolla papale di Leone IV (852). Distrutta dai viterbesi nel 1187, la chiesa venne ricostruita e riconsacrata nel 1207, anno in cui è registrata la visita di papa Innocenzo III.



Veduta della navata centrale

Veduta della cripta sotterranea

Veduta della navata centrale

Veduta della cripta sotterranea



La facciata della chiesa, in blocchi squadrati di tufo e peperino, è costellata qua e là da frammenti lapidei di reimpiego, provenienti dal vicino Foro Cassio, tra cui un elemento marmoreo con resti di un'epigrafe latina. Allo stesso modo alcuni dei capitelli che sormontano le colonne divisorie delle navate, e quelle che sostengono la cripta, sono di origine romana. All'interno è ancora possibile ammirare lo splendido pavimento di stile cosmatesco, risalente agli inizi del XIII sec., con le sue tipiche decorazioni a forme geometriche che comprendono i Fiori della Vita e i Triangoli di Sierpinski.



Fiore della Vita sul pavimento cosmatesco

Triangolo frattale sul pavimento cosmatesco

Fiore della Vita sul pavimento cosmatesco

Triangolo frattale sul pavimento cosmatesco



Numerosi affreschi costellano l'interno. Lungo la navata centrale troviamo episodi della vita di San Francesco, eseguiti tra il XVII ed il XVIII secolo su soggetto di Francesco Villamena. Lungo la navata sinistra, accanto al fonte battesimale, è raffigurato il Battesimo di Gesù (XIV sec.), mentre in quella destra troviamo San Bernardino con quattro angeli, recentemente attribuita al pittore Andrea del Castagno (seconda metà del XV sec.), Sant'Antonio Abate, con quattro episodi della sua vita illustrati sulla predella (1460 ca., attribuita al Maestro dell'Osservanza), i Santi Sebastiano, Giobbe, Anselmo e il Salvatore benedicente tra due angeli (fine XV sec.) ed infine un ritratto di Sant'Orsola.


La cripta sottostante, che è la parte più antica della chiesa essendo stata scavata tra il VII e l'VIII secolo, ha una pianta trapezoidale ed è suddivisa in sei piccole navate, separate da colonne di reimpiego. Sulla volte a crociera costolonate si notano ancora tracce della decorazione pittorica originale; particolarmente interessanti i motivi geometrico-simbolici della volta centrale. Come si evince dalle scarse tracce di colore rimaste sulle pareti laterali, anche queste una volta dovevano essere interamente affrescate.




Simbolismo


All'interno della chiesa si possono notare alcuni motivi simbolici da segnalare, oltre al già citato pavimento cosmatesco che di per sé è già un elemento molto indicativo. Nell'affresco dedicato a Sant'Antonio, ad es., notiamo un vistoso Tau (bianco su fondo nero, come da tradizione antoniana) simbolo dell'ordine che prende dal santo abate. I Francescani dovettero commissionarlo grazie anche all'affinità simbolica con il proprio ordine, in quanto il Tau, su iniziativa di San Francesco d'Assisi, è anche l'emblema principale dei Francescani, anche se di solito lo troviamo in colore rosso (v., ad es., il Santuario di Fonte Colombo).



Affresco di Sant'Antonio Abate con il Tau

Capitello della cripta con delfini affiancati

Affresco di Sant'Antonio Abate con il Tau

Capitello della cripta con delfini affiancati



Più sottile, invece, il simbolismo che allude alla particolare configurazione tellurica del luogo. Se non bastassero le volute e le spirali cosmatesche a mettere in avviso sulle direzioni e sull'andamento dei vortici e delle linee energetiche (NB: questa è un'ipotesi nostra), troviamo alcuni indizi anche sui capitelli delle colonne. Uno di questi, in particolare, diverso da tutti gli altri che sono decorati genericamente con motivi fitomorfi, presenta una coppia di delfini affrontati, posti a "V" con le code divergenti ed i musi che si toccano. Ebbene, questa rappresentazione costituisce un doppio richiamo al potere generatore femminile: il primo è dato proprio dalla disposizione a "V", l'archetipo universale del vaso, e quindi dell'utero; l'altro è costituito dalla scelta di un animale, il delfino, il cui nome greco (delphis) richiama per assonanza un altro termine, delphys, con il quale veniva indicato giustappunto l'utero, ovvero l'organo riproduttivo femminile. Lo stesso motivo si ritrova su uno, ed uno solo, dei capitelli della cripta. Non si dimentichi, per chiudere il quadro, che la chiesa era originariamente dedicata a "Santa Maria", un ulteriore indizio che spinge in questa direzione.





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