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I luoghi delle Triplici Cinte in Italia


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Chiesa e convento di San Pietro apostolo


Carpineto Romano (RM)



Chiesa di San Pietro apostolo



Cenni storici


La costruzione di una chiesa in onore di San Pietro Apostolo, e dell'attiguo convento, alle pendici del monte Capreo, presso Carpineto Romano, fu fortemente voluta dal Cardinale Pietro Aldobrandini, che la fece realizzare nel 1610. La struttura era destinata all'ordine dei Francescani Minori Osservanti, chiamato anche degli Zoccolanti dall'abitudine dei frati di indossare zoccoli di legno a causa del terreno impervio e infestato di serpenti nell'eremo di Brogliano, dove il movimento si originò.


Il convento fu per lungo tempo una "sede di sapienza", dove si sostenevano studi generali sulle scienze e sulla filosofia, come attesta Carlo da Sezze che vi soggiornò per alcuni anni, e che ivi lasciò due quadri, appesi all'interno della chiesa. Come avvenne per la non troppo lontana Chiesa di Sant'Agostino, durante l'epoca napoleonica la proprietà venne confiscata, ma poi fu ricomprata da papa Leone XIII, che trasformò il convento in ospedale (oggi casa di riposo "Leone XIII").


Oggi l'intero complesso è formato da tre strutture di epoche differenti: la più antica è quella occupata dalla chiesa e dall'annesso convento, databili tra il 1610 ed il 1629; sulla destra troviamo il cappellone di San Francesco (1855) mentre sulla sinistra è il già citato ospedale (inizio XX sec.).


La facciata della chiesa, che negli anni '50 è stata interamente ricoperta di travertino bianco, presenta un timpano nel quale si vede l'apostolo Pietro. L'interno è ad una navata con volta a botte. L'altare ligneo è ornato con una pala di autore ignoto rappresentante il Potere delle chiavi; lateralmente si aprono due cappelle nelle quali sono poste due statue lignee, opera di fra' Stefano di Piazza Armerina (1655): a destra i Sette dolori di Maria, ed a sinistra il Cristo crocifisso.


Nel XVII sec. le suddette statue vennero ricoperte da due quadri secenteschi, che oggi sono appesi alle pareti: Le stimmate di San Francesco, attribuito al caravaggista francese Simon Vouet, e l'Immacolata Concezione, attribuito a fra' Diego da Tavello. In fondo alla chiesa si trova una statua marmorea di Giovanni Duprè offerta a Leone XIII dal Terzo Ordine Francescano.



Le Triplici Cinte nel chiostro


Dalla sacrestia della chiesa si può accedere al suggestivo chiostro realizzato all'inizio del XVII sec., con il grande pozzo-cisterna centrale e lo stemma del Cardinale Pietro Aldobrandini. Tutto attorno si trovano 28 lunette affrescate che illustrano alcuni episodi della vita di San Francesco, opera di Francesco Serbucci di Tivoli (1685).



Il chiostro della Chiesa di San Pietro

Il pozzo con lo stemma degli Aldobrandini

Il chiostro del convento di San Pietro e il pozzo con lo stemma del Card. Aldobrandini



Meno nota, ma anche piuttosto sorprendente per chi si occupa di simbolismo, è la massiccia presenza lungo tutto il muretto perimetrale di schemi incisi sulle lastre di pietra, principalmente tavole da gioco per il filetto, ovvero Triplici Cinte: se ne possono contare almeno 12. Di seguito è riportato un disegno schematico, da me realizzato nel corso di un sopralluogo effettuato nel marzo del 2010, riportante la posizione e la tipologia dei simboli riscontrati.



Schema del chiostro della chiesa di San Pietro



Triplice Cinta n. 1

Triplice Cinta n. 2

Triplice Cinta n. 3

Triplice Cinta n. 4

La Triplice Cinta n° 1

La Triplice Cinta n° 2

La Triplice Cinta n° 3

La Triplice Cinta n° 4



Triplice Cinta n. 5

Triplice Cinta n. 6

Triplice Cinta n. 7

Triplice Cinta n. 8

La Triplice Cinta n° 5

La Triplice Cinta n° 6

La Triplice Cinta n° 7

La Triplice Cinta n° 8



Triplice Cinta n. 9

Triplice Cinta n. 10

Triplice Cinta n. 11

Triplice Cinta n. 12

La Triplice Cinta n° 9

La Triplice Cinta n° 10

La Triplice Cinta n° 11

La Triplice Cinta n° 12



Su una delle lastre è presente anche un altro simbolo, di più difficile comprensione. Da un punto centrale ben marcato, si diramano otto linee radiali, in una disposizione di tipo simmetrico che ricorda quella che si ha in un Centro Sacro. Tuttavia, la configurazione differisce da questo simbolo ben noto in quanto non è presente la cornice quadrata a racchiudere il tutto, ma due linee ondulate, due semicerchi, che si incrociano formando una figura ovale che ricorda la stilizzazione di un occhio. L'idea che nasce dall'accostamento delle due simbologie (Stella Polare/Centro Sacro + Occhio) è quella di una doppia valenza apotropaica, ossia un sigillo di duplice protezione, dagli spiriti malevoli e dalle energie negative, ma si tratta, almeno per chi scrive, di un caso unico non documentabile altrove.



Il simbolo del Centro Sacro-Occhio

Il singolare simbolo a forma di Centro Sacro/Occhio



Ad ogni modo, la presenza numerosa di tanti simboli su un chiostro secentesco è già di per sé molto rara; il fatto, poi, che essa si verifichi proprio a Carpineto la rende oltremodo interessante. Il comune lepino, infatti, è uno dei paesi del centro Italia con la più massiccia presenze di Triplici Cinte che si possa riscontrare, praticamente, in tutta la provincia di Roma, di Latina e Frosinone. Oltre ad essere presenti in gran quantità sulle soglie delle case più antiche, all'interno del paese, le troviamo anche sui gradini o nelle immediate vicinanze di alcune delle chiese più importanti: la Chiesa di Santa Maria del Popolo (XII sec.) e la Chiesa di San Michele Arcangelo (XIII sec.). Stante l'evidente varianza temporale, è come se nel trascorrere dei secoli si fosse mantenuta una precisa volontà di attestare la presenza del simbolo sul territorio della città. La questione, ovviamente aperta, è: perché?



L'enigma della tela del Caravaggio



San Francesco in Meditazione

San Francesco in Meditazione, Caravaggio (1605)

Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma



La chiesa carpinetana è stata protagonista, nel 1968, di un evento singolare che ha dato luogo ad un piccolo giallo, il quale si è concluso solo in tempi recenti. A quell'epoca, infatti, venne rinvenuto inchiodato ad una parete della chiesa un quadro, rappresentante "San Francesco in Meditazione", copia apparentemente perfetta di quello conservato nella Chiesa di Santa Maria della Concezione, situata in Via Veneto, a Roma, attribuito al Caravaggio. Immediatamente, quindi, sorse un'importante questione: solo uno dei due poteva essere l'originale, ma quale?


La tela venne condotta presso la Soprintendenza a Palazzo Barberini, sede della Galleria Nazionale d'Arte Antica, per essere oggetto di restauri. Il dibattito andò avanti per anni, ma alla fine, nel 2000, venne decretata quasi unanimemente l'originalità della versione di Carpineto (Rossella Vodret). La ragione di tale decisione fu dettata da un'analisi attenta dei due quadri. Già nel 1968, dopo la scoperta, la storica dell'arte Maria Vittoria Brugnoli si accorse della presenza, nel quadro carpinetano, di alcuni "pentimenti", ovvero correzioni effettuate mentre il dipinto era ancora in corso d'opera. L'analisi proseguita nel corso degli anni ha evidenziato un certo numero di questi pentimenti, ad esempio:


Il cappuccio del saio indossato dal Santo in origine aveva una forma più appuntita, che in corso d'opera è stata corretta e smussata più dolcemente. Questo cambiamento si spiega con il fatto che in origine il convento carpinetano doveva essere affidato ai Cappuccini, che portano un cappuccio a punta, ma poi venne dato dal Cardinale Aldobrandini ai Minori Riformati, il cui cappuccio è più arrotondato.


La mano del Santo in origine avvolgeva il teschio, quel simbolo della "vanitas mundi" sulla quale egli sta meditando, mentre in seguito è stata modificata per sorreggerlo solamente.


Le unghie di San Francesco nel quadro di Carpineto sono tronche, come se fossero state tagliate con delle cesoie, indice di povertà, mentre nel quadro romano sono più arrotondate, ovvero abbellite secondo in diverso canone stilistico.


Oltre a questi dettagli, si notano tracce di malachite nell'impasto della pittura, che dona un aspetto più freddo ai colori, e di cinabro nel colore arrossato delle guance e del naso, tutti elementi peculiari del Caravaggio che mancano nell'esemplare romano. È dunque evidente che solamente l'autore originale poteva avere dei "pentimenti", assenti nella copia che invece è stata eseguita guardando il lavoro ormai ultimato.


Chi è, dunque, l'autore della copia conservata a Santa Maria della Concezione? Oggi si pensa che sssa debba essere attribuita a Bartolomeo Manfredi, allievo fedele del maestro, che concepì addirittura una procedura del tutto personale, poi denominata "Manfrediana methodus", per copiare in maniera perfetta le opere di Michelangelo Merisi.


All'interno del Museo civico "La Reggia dei Volsci" di Carpineto è stata allestita una sala espositiva pronta ad accogliere il capolavoro caravaggesco che attualmente, però, è in prestito perpetuo alla Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini. Dal 2015 è in corso una petizione che chiede la restituzione del quadro alla popolazione di Carpineto Romano.





Quattro passi a… Carpineto Romano (RM)

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