Affacciandosi dal parapetto sinistro del ponte della Cattedrale di San Lorenzo si scorge, nascosto fra i tetti delle costruzioni sottostanti, il modesto ma caratteristico campanile a vela di una delle chiese più singolari e ricche di storia di Viterbo: Santa Maria in Carbonara. Costruita ai margini di una ripida discesa che nel Medioevo attraversava, tagliandola in due, la popolosa contrada "La Valle" (oggi Via Sant'Antonio), la chiesa deve la sua curiosa titolazione alla presenza in loco di una carbonaia, o carbonara, ossia di uno dei tanti fossati che anticamente si scavavano a ridosso della cinta muraria, a scopo difensivo, e si riempivano di materiale combustibile per darvi fuoco in caso di attacco nemico.
Non è facile risalire all'epoca in cui la chiesa venne edificata. Le prime menzioni documentabili risalgono soltanto alla prima metà del XIII secolo: nell'aprile del 1236 Santa Maria in Carbonara è citata in un compromesso come "chiesa minore" e nel 1243 la si torna a nominare quale luogo di stipula di certi atti per la costruzione del palazzo di Federico II di Svevia. Tuttavia i tratti architettonici della sua struttura ed alcune analogie stilistiche con altri chiese viterbesi (Santa Maria Nuova per l'abside e San Giovanni in Zoccoli per il presbiterio sopraelevato), lasciano propendere per una data di fondazione ben più remota. È comunque più realistico fa risalire la nascita di Santa Maria in Carbonara all'inizio del XII secolo; ipotesi peraltro confermata da un'iscrizione, un tempo leggibile nella chiesa, che recava il nome di un tal Petrus Filius Bentivegna.
Particolare della facciata della chiesa |
La chiesa: vista laterale |
Non esistono riscontri che permettano di affermare se in origine Santa Maria in Carbonara appartenesse al clero viterbese o se, invece, fosse una dipendenza dell'Abbazia di Farfa, potente centro monastico della Sabina padrone di terreni e "celle" in molti quartieri della città. Sappiamo, invece, per sicuro che durante l'età di mezzo la chiesetta divenne proprietà dei Cavalieri dell'Ordine del Tempio, perché più volte menzionata nei verbali e negli atti del famigerato processo che li vide protagonisti.
Dopo la soppressione dell'Ordine, la chiesa passò all'ordine dei Cavalieri Giovanniti, che l'hanno amministrata fino ai giorni nostri. La chiesa era caduta in degrado nei primi anni del 1900, tanto che nel 1911 si decise di privare la chiesa della sua icona più preziosa, la "Madonna della Carbonaia", per trasferirla all'interno della Cattedrale. Nel 1964, finalmente restaurata e restituita al suo antico splendore grazie al patrocinio dell'attuale Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM), la chiesa è stata riaperta al culto e attualmente è affidata ad una comunità ortodossa.
La città di Viterbo era una tappa fondamentale della Via Francigena e costituiva una sosta obbligata per coloro che si recavano a Roma e nel Gargano. I Templari, pertanto, avevano in essa un presidio. La vicinanza della costruzione alle mura ed alla porta di Valle, nonché all'antico Spedale, consentiva ai Templari di fornire l'assistenza necessaria ai viandanti che lasciavano la strada consolare Cassia per entrare in città. Inoltre la posizione di Santa Maria della Carbonara ben si prestava alle esigenze di "rappresentanza" dei cavalieri in quanto non distava troppo dai due principali centri di potere dell'epoca: Piazza San Silvestro, luogo di riunione delle prime magistrature comunali, ed il Palazzo dei Papi, con la sua splendida Loggia, sede dell'episcopio nonché residenza occasionale dei pontefici durante i secoli XII e XIII.
L'insegna della Taverna dei Templari |
La TAU templare |
Nelle immediate adiacenze della chiesa, a strapiombo sul sottostante fosso Caldano, i Templari edificarono una casaforte con un piccolo convento e alcuni ambienti di servizio. Oggi negli antichi locali del Tempio è stato ricavato un ristorante caratteristico, chiamato, neanche a dirlo, la "Taverna dei Templari". All'esterno, lungo il muro perimetrale, troviamo ancora appeso uno scudo di pietra recante il simbolo della Tau, uno dei tanti che l'Ordine aveva adottato insieme alla croce patente.
Lo stemma in pietra di fra' Vincenzo Ginori
Sulla porta d'ingresso è ancora visibile lo stemma in pietra del commendatore giovannita fra' Vincenzo Ginori di Firenze, che resse la commenda sul finire del XVI secolo. L'interno della chiesa consiste in un unico ambiente di forma rettangolare dalle pareti in pietra nuda ed il tetto a capriate. Alla sinistra dell'altare maggiore si apre una piccola porta che conduce nella sacrestia, comunicante con il giardino e l'orto. Accanto alla porta d'accesso della chiesa è situato l'ingresso della parte conventuale, ora trasformata in condominio.
Nella chiesa fu lungamente conservata una tela di stile bizantino ma di scuola romana, conosciuta come la "Madonna della Carbonara". L'icona è ispirata alla figura classica della Madonna Odigitria, dove la Vergine è rappresentata a mezzo busto, con il Bambino in braccio che regge un libro con le Sacre Scritture. L'autore della sacra icona ha aggiunto, in calce al dipinto, la frase "Alma Virgo parit quem falsa sofia negavit" (La Vergine generò colui ha negato la falsa sapienza), un'allusione all'eresia nestoriana che non riconosceva la maternità divina di Maria negando l'incarnazione di Dio in Cristo. Tale eresia si diffuse in Italia soprattutto ad opera dei Patarini, movimento ereticale sorto in seno alla chiesa di Milano agli inizi del XI sec., che ebbe diffusione anche a Viterbo. La tavola fu dunque con tutta probabilità la reazione dei credenti viterbesi alla diffusione della corrente ereticale.
Particolare dell'iscrizione contro l'eresia nestoriana
Nel 1911, a seguito della decadenza della chiesa di Santa Maria, la Curia decise di spostare la collocazione dell'icona, che giunse così presso la Cattedrale di San Lorenzo. Nel 1986 il dipinto venne trafugato ad opera di ignoti. Ritrovato successivamente grazie all'operato dei Carabinieri, oggi si trova esposto presso il Museo del Colle del Duomo, mentre una sua copia si trova ancora presso la Cattedrale.
[1] Ser Marcus, "S. Maria in Carbonara", su Etrurialand.info
(non più esistente).
[2] B. Capone, L. Imperio, E. Valentini, "Guida all'Italia dei Templari",
1997, Edizioni Mediterranee.
La Via Francigena - Submansio VI: Sce Valentine