Nel territorio di Montalto di Castro (VT), a non troppa distanza dal Parco Archeologico Naturalistico di Vulci, dove si trova un intrigante mitreo, si incontra un suggestivo castello fortificato, ben visibile anche in lontananza per via della snella torre che svetta alta nel cielo. L'edificio sorge in prossimità dell'antico ponte sul fiume Fiora, che metteva tra loro in comunicazione i territori di Canino e di Montalto di Castro. L'origine del ponte divide tuttora le ipotesi degli studiosi, in quanto la sua base è tipica dell'architettura etrusca mentre il resto presenta elementi simili ad altri ponti di sicura origine romana. È dunque possibile che i Romani avessero ricostruito il ponte precedente realizzato dagli Etruschi, perché situato in un importante punto strategico?
Una veduta della torre del castello
In origine, secondo le poche notizie a riguardo giunte attraverso i documenti, sul luogo era stata edificata dai monaci Benedettini un'abbazia fortificata, dedicata a San Mamiliano. È noto da un documento dell'809 d.C. che la stessa venne donata da due nobili longobardi, chiamati Faulo e Autari, all'abbazia di Farfa, anch'essa benedettina. Le frequenti incursioni dei Saraceni nella zona misero a dura prova l'abbazia che alla fine, con l'invasione del 964, venne definitivamente rasa al suolo. Nell'XI sec. il complesso venne ricostruito e restò alle dipendenze della Santa Sede finché, sotto il papato di Alessandro III, passò alle dipendenze del convento di San Giusto, presso Tuscania, gestito dai monaci Cistercensi.
Tuttavia, nei secoli successivi, il complesso tornò alla Santa sede e subì diversi e frequenti cambiamenti di proprietà. È anche possibile che nel XIII sec. l'abbazia, che ormai aveva assunto l'aspetto di un castello fortificato, ed era diventato importante luogo di assistenza ed accoglienza dei pellegrini, fosse stato gestito dai Cavalieri Templari, come sembrerebbero dimostrare i nomi di alcuni castellani, legati all'Ordine del Tempio.
Interno del castello con campaniletto a vela
Dopo la soppressione dell'Ordine il castello continuò ad essere conteso tra diverse famiglie nobiliari che avevano il controllo del territorio: gli Aldobrandini, i conti di Vico e il Comune di Orvieto. Nel 1425 il maniero passò di proprietà a Ranuccio Farnese, insieme al vicariato di Montalto di Castro, e da allora conobbe un periodo di relativa stabilità. Nel 1513 il castello venne concesso in investitura perpetua al cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, che probabilmente fece edificare l'ala attualmente destinata ad accogliere gli ambienti del museo.
Il castello tornò successivamente allo Stato Pontificio, che sfruttò la sua posizione strategica al confine con il Granducato di Toscana per utilizzarlo come dogana. Nel 1808 tutta la tenuta venne acquistata dai Bonaparte, e poi venne ceduta nel 1853 ai Torlonia. Dopo decenni di abbandono e di decadenza, il castello venne alfine acquistato dallo Stato Italiano, e dopo un accurato restauro è diventato, a partire dal 1973, la sede del Museo Archeologico Nazionale di Vulci. In esso oggi troviamo conservate numerosi vasi e suppellettili provenienti dagli scavi dell'area archeologica di Vulci insieme a statue e frammenti lapidei.
Suggestiva veduta del castello dal Ponte dell'Abbadia