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Il mitreo di Vulci


Vulci, Montalto di Castro (VT)



Il mitreo di Vulci



L'area archeologica


Il Parco Archeologico e Naturalistico di Vulci sorge nel cuore della Maremma laziale, circondato dal mare, da un lato, e dai Monti della Tolfa, i monti Volsini e l'Amiata, dagli altri. Attraversato dal fiume Fiora, che si getta in mare dopo un percorso sinuoso e costellato di cascatelle e rapide, pareti a strapiombo e laghetti incantati, offre al visitatore un angolo di natura incontaminata tra i pochi ancora rimasti.


All'interno di questa riserva ecologica e faunistica si trovano i resti dell'antica città etrusco-romana di Vulci, uno dei più importanti centri dell'Etruria antica che si mantenne strategico anche in età imperiale per il controllo della costa e dell'accesso al territorio lungo la via fluviale, in maniera simile a quanto è avvenuto per l'antico sito di Ostia.


Ricca e fiorente nelle attività commerciali e artistiche nel periodo di massimo splendore della civiltà etrusca, Vulci era diventata, a cavallo tra il 600 e il 500 a.C., una delle più potenti città del Mediterraneo. Dopo la conquista romana, che avvenne nel 280 a.C., Vulci perse gradualmente la sua importanza, fino ad arrivare allo spopolamento ed all'abbandono completo.


Ultimi bagliori del suo splendore in età imperiale li possiamo ammirare superata l'Area del Foro ed il cosiddetto Tempio Grande, del quale oggi rimane soltanto il basamento in blocchi di tufo. Proseguendo oltre, infatti, ci si imbatte in una delle zone meglio conservate del complesso archeologico, nella quale spicca innanzitutto la Casa del Criptoportico. Doveva trattarsi di una sontuosa dimora patrizia, risalente alla fine del II sec. a.C., formata da numerosi ambienti, tra i quali un piccolo impianto termale privato ed un suggestivo corridoio sotterraneo ancora praticabile detto, appunto, il Criptoportico.


Questo tunnel collegava tra loro diversi ambienti ipogei; di questi il più curioso ed interessante si trova alla fine dell'intera sequenza di stanze, ed appare al visitatore scenograficamente illuminato da un raggio di luce che penetra dall'esterno, attraverso uno squarcio del soffitto creato da un crollo di superficie. Si tratta di una saletta semicircolare, lungo la quale corre un sedile. La si può osservare tramite una spaccatura nel muro della stanza, non naturale, quindi si presume che non appartenesse al complesso del Criptoportico ma fosse un ambiente a se stante.



La suggestiva camera rituale nell'area del Criptoportico



Il mitreo


Il piccolo ambiente ha l'aspetto di una sala di culto, ma nelle guide non se ne trova menzione. A pochi passi, tuttavia, si apre un importante mitreo, molto ben conservato, che testimonia il ben radicato culto rivolto al dio mazdaico nella società romana, prima del sopravvento del Cristianesimo.



L'altare del mitreo con la statua di Mitra



Come tanti altri ambienti similari, la sala mitraica si presenta come un rettangolo molto allungato, affiancato ai due lati da strutture in pietra, che fungono da sedili, e nelle quali si aprono alcune nicchie incorniciate da preziosi archi bicromi. Se le contiamo, sono sette come il numero dei gradi di iniziazione del culto di Mitra. All'inizio della sala, in corrispondenza dell'ingresso, troviamo due grandi nicchie rettangolari, diverse per forma e dimensioni da tutte le altre. Esse, probabilmente, erano destinate ad accogliere le statue dei due Dadofori, Cautes e Cautopates. Di esse, tuttavia, non è rimasta traccia.



     

Le due nicchie poste a metà sala



A circa metà sala le due file di archetti circolari sono interrotte da due particolari nicchie, una di forma ad archetto semicircolare, sulla destra, e l'altra quadrata, sulla sinistra. Per analogia con altri mitrei visitati, si può supporre che la prima, la quale presenta sul fondo una cavità, contenesse dell'acqua mentre nell'altra venisse posta una lucerna o comunque qualcosa di ardente, a simboleggiare l'elemento del fuoco.



La rappresentazione della tauroctonia



L'elemento più importante, invece, era addossato sulla parete di fondo, dietro l'altare: una statua rappresentante il dio Mitra ripreso nell'atto di uccidere il toro, la classica tauroctonia. La statua venne ritrovata durante gli scavi insieme ad una copia più piccola, quasi integralmente conservata a parte la testa del dio che è andata perduta. La statua originaria è stata rimossa dal sito, ed è oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale dell'Abbadia [1]. Quella che, invece, troviamo all'interno del mitreo è una copia fedele realizzata dallo scultore Carlo Brignola.


Mitra viene rappresentato con il mantello spianato come una tavola, sorretto da un immaginario vento, mentre sta per infilare il coltello sacrificale nella gola del toro. La coda dell'animale è tramutata in spighe di grano e alla base, sotto le sue zampe, si trovano i tre animali che solitamente completano la scena: uno scorpione, un serpente ed un cane. La scultura risalirebbe alla prima metà del III secolo d.C., epoca alla quale, di conseguenza, apparterrebbe anche il Mitreo.


Gli scavi archeologici hanno anche posto in evidenza i segni di una probabile distruzione violenta del sito, forse una conseguenza dell'editto di Teodosio del 380 d.C. che, stabilendo definitivamente il Cristianesimo come religione di Stato, di fatto aboliva e vietava ogni altra forma di culto. Fu così che i Cristiani, una volta avuto il sopravvento, si trasformarono da perseguitati a persecutori, bollando ogni altro culto come "pagano", reprimendo le altre forme religiose concorrenti e sovrapponendo il proprio calendario di festività a quelle preesistenti, mutandone il nome, e sostituendo a dei ed eroi dei culti precedenti i propri santi e martiri.


Molti dei resti delle suppellettili trovate nel corso degli scavi archeologici nell'area vulcense, si trovano oggi conservati all'interno del Museo dell'Abbadia, realizzato in un'ala del castello risalente al XIII sec., che sorge non troppo distante. È interessante notare che questo castello appartenne probabilmente e per almeno un secolo ai Cavalieri Templari, che stabilirono così un controllo nella zona.



Una suggestiva veduta del parco naturalistico di Vulci




Nota:


[1] Nella nostra visita risalente all'estate del 2010 della suddetta statua non vi era traccia e la successiva richiesta di informazioni in merito, inviata via e-mail alla direzione del parco, è rimasta senza risposta.




Il Castello dell'Abbadia di Vulci


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