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Lo scrigno di pietra del "Sang Real"


Basilica di Sant'Andrea - MANTOVA


Articolo di Alberto Cavazzoli



Veduta panoramica notturna di Mantova

Una veduta panoramica notturna della città di Mantova



Esiste una città, Mantova, dove, da oltre duemila anni, è custodito il "Sang Real", il Sangue del Re dei Re, il Sangue di Cristo. E in questa città esiste una chiesa, un vero e proprio scrigno di pietra, dove il Sangue è custodito: la Basilica di Sant'Andrea.


Sant'Andrea è il santo apparso in sogno, nell'804, ad un fedele e nel 1048 ad un cieco mendicante tedesco di nome Adalberto, ad indicare il luogo in cui era nascosta la Reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo portata a Mantova, come narra la leggenda, da Longino, il centurione romano che aveva trafitto con la sua lancia il costato di Cristo e si era convertito sotto la Croce. Successivamente Longino aveva raccolto la terra intrisa del Sangue del Cristo e l'aveva portata con sé in Europa, a Mantova appunto, dove si era ritirato per predicare la Parola di Cristo. Qui aveva nascosto, nell'antico Ospedale della Maddalena (che sorgeva dove ora si trova la Basilica di S. Andrea), la Preziosissima Reliquia, prima di essere decapitato, primo martire della Cristianità.


Il viaggiatore che entra in Mantova per l'antico ponte di San Giorgio si trova di fronte una scenografia fantastica. In essa sono racchiusi i principali monumenti della città, oltre a Palazzo Ducale e al Castello.



La Basilica di Sant'Andrea

Veduta dall'alto della Basilica di Sant'Andrea



Al centro di questa scenografia si erge la Cupola di Sant'Andrea, imponente per le sue dimensioni e sovrastante tutti gli altri edifici.


La basilica fu fatta erigere nel luogo in cui, nel 1046, Beatrice di Canossa, madre della Grancontessa Matilde, aveva fatto costruire un oratorio in stile romanico al posto dell'ospedale di S. Andrea (in precedenza l'Ospedale era dedicato alla Maddalena) ed adiacente a un monastero benedettino fatto erigere nel 1037 dal vescovo Itolfo. L'oratorio fu terminato nel 1055 circa ed al suo interno fu creata una cripta per custodire la reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo.


L'attuale chiesa di S. Andrea fu iniziata nel 1472 da Leon Battista Alberti, su incarico di Ludovico II Gonzaga, Marchese di Mantova, che voleva erigere il principale tempio della Cristianità, poiché in esso doveva essere contenuta proprio la reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo.


Significativa è l'iscrizione posta in alto sopra il portale principale della chiesa che recita: "una ex septem", dal latino per significare "una delle sette" più importanti chiese della Cristianità, ma, più verosimilmente, può voler dire "l'unica delle sette" chiese più importanti della Cristianità a custodire la più importante delle reliquie esistenti.


L'Alberti, per costruire l'edificio, trasse ispirazione dai tempi etruschi (per le navate e le cappelle), dagli edifici termali romani (per la navata centrale) e dagli archi trionfali romani (per la facciata). Basò i suoi calcoli sulle leggi armoniche che governano l'intero universo, già descritte dal filosofo Platone nella sua opera "Timeo" e che si fondavano sulla seguente sequenza numerica: 1,2,3,4,8,9,27; sui numeri perfetti (3,6) e su quelli liturgici (40).


Egli trasse inoltre spunto, per la costruzione della chiesa mantovana, da una sua precedente opera, il Tempio Malatestiano di Rimini, che aveva costruito su committenza di Sigismondo Pandolfo Malatesta, considerato da Papa Pio II (lo stesso Papa che aveva indetto un Concilio a Mantova) "non un tempio cristiano quanto piuttosto un tempio d'infedeli…", poiché la chiesa riminese conteneva numerosi richiami ad Iside ed era considerata un monumento alla filosofia ed al pensiero ermetico.


Il portico e la facciata della chiesa mantovana sviluppavano la celebrazione del Cristo e della Reliquia del Preziosissimo Sangue. Ai lati del portale maggiore erano rappresentati, con figure di notevole altezza, San Longino e Sant'Andrea, mentre nel tondo posto al centro in alto era rappresentato Cristo che sale al cielo.


Entrando nella basilica si percepisce tutta la maestosità e l'imponenza della costruzione che dall'esterno, vista la posizione, nel cuore della città, fra le case del centro storico, forse non è immaginabile.


La sesta cappella sul lato destro della navata, dedicata a S. Longino, è la più importante.



L'Affresco della Crocifissione

L'affresco della "Crocifissione"



Sulla parete di destra troviamo l'affresco della "Crocifissione" di Rinaldo Mantovano (collaboratore di Giulio Romano, forse ideatore dell'affresco), nel quale si possono notare tre angeli che raccolgono in calici (Graal!) il Sangue grondante dalle mani e dai piedi del Cristo, mentre sotto la croce, in adorazione, si trova S. Longino, anch'egli con un calice in mano in attesa di raccogliere il Sangue dal costato di Cristo. Un altro particolare significativo dell'affresco è che il personaggio femminile in primo piano sotto la croce non è Maria, madre del Cristo, ma una donna dai capelli rossi: la Maddalena.


Il secondo affresco, di fronte al precedente, è sempre dello stesso autore ed è "Il Ritrovamento del Sangue di Cristo", con il Vescovo Marziale che ha fra le mani la Preziosissima Reliquia e Beatrice di Canossa, inginocchiata, che ringrazia per il miracoloso ritrovamento del Sangue di Cristo, mentre in mezzo alle nubi S. Andrea regge la Croce. Alle spalle di Beatrice si può notare una bimba tenuta in braccio da una nutrice (la bambina è Matilde di Canossa, figlia di Beatrice).


Di indiscutibile significato il fatto che siano rappresentati nella scena tutti i personaggi interessati al secondo ritrovamento del Preziosissimo Sangue (1048) e manchi un personaggio che secondo la logica doveva invece essere presente ad un evento tanto importante accaduto nei sui domini: Bonifacio di Canossa, marito di Beatrice e padre di Matilde. Sembra che la sua assenza all'interno dell'affresco sia stata deliberatamente voluta per sottolineare che il personaggio chiave della vicenda è Beatrice di Lorena.


Al centro della cappella, sopra l'altare, si trovava una pala di Giulio Romano rappresentante la Madonna, S. Giuseppe, S. Giovanni Evangelista che regge un calice da cui esce un serpente; S. Longino che sostiene il reliquiario che contiene il Preziosissimo Sangue e guarda idealmente verso il quadro del "Ritrovamento" ed i pastori adoranti (una copia cinquecentesca riproduce il dipinto originale, ora al Louvre). Il dipinto presenta diversi punti ermetici e controversi a partire da S. Giovanni con la coppa in mano, quando nell'iconografia cristiana è la Maddalena ad essere rappresentata con una coppa, fino a S. Longino che è l'unico personaggio del quadro a non guardare il Bambino, anzi volge lo sguardo dalla parte opposta, per non parlare dei presunti pastori raffigurati, visto che nel dipinto non si trova una pecora.


Tre dipinti della cappella, quindi, idealmente uniti da un unico tema: la Coppa, il Graal mantovano contenente il Sangue di Cristo.


I Sacri Vasi contenenti il Preziosissimo Sangue di Cristo



All'interno della cappella possiamo trovare inoltre il sarcofago contenente i resti mortali di S. Longino e, sotto l'altare, il sarcofago del Beato Adalberto, il cieco mendicante tedesco al quale l'apostolo Andrea apparve in sogno per indicargli il luogo in cui era nascosto il Sangue di Cristo.


Anche l'altare della cappella presenta dei particolari interessanti. Possiamo vedervi ritratto S. Longino con la Lancia in una mano e, nell'altra, il Preziosissimo Sangue; ai lati due stemmi fasciati di bianco (o argento) e di nero, probabilmente richiamanti lo stemma originale dei Gonzaga che da alcuni era ritenuto dei colori citati (i colori del Beusant templare) e non di giallo (oro) e di nero. Giuseppe Gerola, storico dei primi del '900, sosteneva che lo stemma originale della nobile famiglia mantovana fosse il fasciato d'argento e di nero che si trovava nelle stanze dell'appartamento della Guastalla in Palazzo Ducale a Mantova oppure nei fregi delle stanze della reggia mantovana dette della "Croce Rossa", poste sotto l'Appartamento degli Arazzi.


Altra cappella interessante è la quarta a destra della navata, dedicata al Preziosissimo Sangue così come la cappella Cantelma posta sul lato destro del transetto in cui si trova una tela raffigurante un altro "Ritrovamento del Preziosissimo Sangue" di F. Borgani.


Da non trascurare poi la prima cappella sulla sinistra, dedicata al Mantegna, prima dedicata a S. Giovanni Battista, che contiene opere degne di nota.


Innanzitutto troviamo diversi dipinti che richiamano il tema originario della cappella come il "Battesimo di Cristo", la "Sacra Famiglia con Santa Elisabetta", "San Giovanni e San Zaccaria" e la "Decollazione del Battista".


È noto che la prima cappella posta a sinistra dell'entrata delle chiese era considerata la più importante. Risulta perciò strano che essa non sia stata dedicata al Santo cui è titolata la chiesa (oppure a qualche tema a lui legato), ma sia stata invece intitolata al Battista e poi subito dopo lasciata al Mantegna.


Fra le rappresentazioni "particolari" troviamo all'interno della cappella il gruppo monocromo rappresentante la "Virtù con un compasso" (indica la Geometria oppure è un richiamo a simboli esoterici antichi?).


Sulla sinistra della navata centrale troviamo la quarta cappella, particolarmente interessante, dedicata all'Immacolata. All'interno di un'imponente ancona lignea sono raffigurati, in alto, Dio, i Sacri Vasi ed i Santi Andrea e Longino; al centro si trova la statua della Madonna (ottocentesca), la cui rappresentazione con un serpente e la luna sotto i suoi piedi è molto più simile a quella della Dea Madre. Una rappresentazione simile della "Madonna" la ritroviamo anche sulla torre del Palazzo della Ragione, sotto l'orologio astronomico astrologico, nella piazza a fianco della chiesa, costruito esattamente negli stessi anni (1471-1474) in cui veniva eretto il tempio di S. Andrea.


Entrambe le statue rappresentanti la Madonna, quella in S. Andrea e quella sulla torre, sono vicinissime al sito in cui sono stati ritrovati i resti di un tempio dedicato a Diana, esattamente dove ora sorge la Rotonda di San Lorenzo.


Sopra l'altare della cappella dedicata all'Immacolata, venivano posti i Sacri Vasi e quando si tenevano le riunioni dei Cavalieri dell'Ordine del Redentore, nella sala posta proprio dietro all'altare, chiamata "Sagrestia dei Cavalieri", un meccanismo nascosto faceva ruotare l'altare spostando i Vasi all'interno della "stanza segreta".



La cripta della Basilica

La cripta della Basilica di Sant'Andrea



La Sagrestia dei Cavalieri era collegata, attraverso un passaggio segreto, alla parte più interessante di tutto il complesso, la cripta, in cui oggi sono custoditi i due reliquiari contenenti il Preziosissimo Sangue di Cristo. Un altare-cassaforte munito di 12 serrature, le cui rispettive chiavi sono in mano a 12 persone diverse, posto al centro della cripta, custodisce i "Sacri Vasi". In corrispondenza di questo altare, al livello della chiesa, si trova una balaustra ottagonale in asse con la cupola. Idealmente collegati verticalmente, questi tre elementi sono collegati un una sorta di salita al cielo.

Vincenzo I Gonzaga aveva fatto progettare una serie di effigi marmoree dei Gonzaga, suoi antenati, e delle loro consorti da porsi intorno all'altare della cripta. Di queste statue l'unica rimasta è quella di Guglielmo Gonzaga, padre di Vincenzo, alla sinistra dell'altare maggiore.


La cripta doveva essere il mausoleo dei Gonzaga, che così venivano seppelliti insieme al Sangue da cui dichiaravano di discendere, come evidenziano alcuni alberi genealogici della famiglia che fanno risalire le loro origini ai Franchi Sicambri e ai Merovingi. Quest'ultimi, secondo le teorie riprese dagli scrittori Baigent, Leigh e Lincoln nello loro libro "Il Santo Graal", si erano imparentati con la discendenza del Cristo e della Maddalena e avevano dato origine alle "Famiglie del Graal", una serie di antiche e nobili famiglie europee, che come i Gonzaga, vantavano una discendenza dai Merovingi e di conseguenza della stirpe del Cristo.

Alberto Cavazzoli





Bibliografia:


Si veda, per approfondimenti, il saggio dell'autore, Alberto Cavazzoli, recensito su questo stesso sito: "Alla ricerca del Santo Graal nelle terre dei Gonzaga", Aliberti Editore, 2008.




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