Le origini di Castro dei Volsci, anche se le notizie storiche sul suo conto sono scarse, si perdono nella notte dei tempi. Certamente il suo territorio fu abitato sin dall'età neolitica, come si può ricavare dalle tracce di antichi insediamenti sulla sponda destra del fiume Sacco e dalla presenza delle mura megalitiche, che cingono la cima di Montenero per circa 1 km. Lo storico Michele De Mattias, in un suo accurato studio, avanza l'ipotesi che Castro sia sorta sui resti dell'Arx Carventana. La fortezza volsca avrebbe avuto la funzione di vigilare su una delle strade secondarie che univano la Via Appia alla Via Latina. Al tempo delle invasioni barbariche, la valle fu devastata ripetutamente e la popolazione, per mettersi in salvo, si rifugiò sulle alture. Dal 542 al 552, i Benedettini costruirono il monastero di San Nicola sul colle di Castro ed il castello di Ambrifi ai piedi del Monte Calvilli (m. 1100).
Intorno al monastero sorse l'attuale centro di Castro, che subito riprese, insieme con il nome, anche il suo vecchio ruolo di fortezza a difesa del confine dello Stato Pontificio: "Castrum Castri" oppure "Castrum Sancti Petri". Nel 1165, la Rocca fu incendiata dalle truppe del Barbarossa guidate da Cristiano di Magonza. Nel 1186, il Balivo della provincia di Campagna, Lauterio da Milano, che risiedeva a Castro, affidò la Rocca all'abate Giordano di Fossanova. Nel 1410, papa Giovanni XXII (il napoletano Cossa) vi infeudò per la prima volta i Colonna. Nel 1501, fu feudo di Rodrigo Borgia, figlio di Lucrezia; nel 1556 dei Carafa, nel 1562 tornò a Marcantonio Colonna, il condottiero della flotta papalina alla battaglia di Lepanto, il quale concesse a Castro lo Statuto. Nel 1816, il Conestabile Filippo III Colonna rinunciò alla sua giurisdizione sul feudo, che, da allora, prese il nome di Castro dei Volsci.
Oggi il centro storico del paese si snoda arroccato sul colle che sovrasta la pianura sottostante, in un dedalo di stradine interne collegate tra loro da scalinate. Percorrere i suoi vicoli fa tuffare in un passato remoto, fatto di semplicità e di vita pura. Ma è anche un piacere per la ricerca simbolica, perché aguzzando la vista è possibile imbattersi spesso nel simbolo principe che ha dato inizio a tutta le ricerca sul simbolismo portata avanti dal 2004 sulle pagine di questo sito: la Triplice Cinta.
Adagiata ai piedi del paese, all'estremità meridionale del centro abitato, la piccola Chiesa di San Nicola è ritenuta essere la più antica del paese. L'edificio, infatti, è uno dei primi monasteri benedettini fondati dopo l'Abbazia di Montecassino, e la costruzione del nucleo originario risale al VI secolo. La chiesa castrense viene elencata tra i possedimenti della Diocesi di Veroli in una bolla pontificia emanata dal papa Pasquale II, datata 1108. L'edificio è dedicato a San Nicola, come attesta un'iscrizione dipinta sulla facciata sopra la porta d'ingresso. La sua collocazione è a ridosso del paese, nei pressi della Portella, uno dei principali accessi alla città attraverso le sue mura fortificate, il che giustifica la sua particolare dedicazione. San Nicola, infatti, oltre che protettore dei bambini e dei marinai, era considerato anche il custode delle porte della città.
Triplice Cinta davanti l'ingresso |
Triplice Cinta sulla scalinata laterale |
Croce patente sulla scalinata laterale |
Sulla soglia dell'ingresso principale, poco decentrata verso il lato destro, si trova l'incisione di una Triplice Cinta, di dimensioni assai modeste (circa 15 cm), e con un marcato foro centrale. Un altro graffito si trova sul gradino di mezzo di una scalinata laterale, che conduce ad un locale adiacente la chiesa. Questo graffito mostrato nell'immagine sottostante, appare già labile nella foto risalente all'epoca della nostra prima visita (Aprile 2004). A poco più di dieci anni di distanza, la Triplice Cinta è ormai poco più che labile, e l'abbiamo ritrovata solo perché sapevamo che fosse lì, altrimenti sfuggirebbe ormai all'osservazione. Anche la piccola croce patente, con uno dei lati più lunghi degli altri tre, come fosse un piccolo pugnale, è ormai sparito nell'usura dei gradini, e ci rimane a testimonianza solo questa foto, scattata sempre ad Aprile 2004.
Olivia di Anagni, vissuta nel IV sec., è una delle quattro sante di origini anagnine, venerata almeno a partire dal XII sec. nel giorno 3 Giugno. È patrona di Trivigliano (FR) e di Cori (LT), ma anche di Castro dei Volsci, dove ebbe una chiesa a lei dedicata menzionata in un documento risalente al 1125 (Bolla di papa Onorio II). La chiesa è fittamente inglobata nel tessuto urbanistico del paese, a ridosso della Rocca, e probabilmente ha sostituito una chiesa più antica, dedicata a San Pietro, che dava il nome di "Castri Sancti Petri" alla fortezza castrense. In un angolo della facciata è incastonato un frammento lapideo appartenente evidentemente alla chiesa più antica, con motivi fitomorfi, una croce ancorata centrale e motivi ad intreccio che ricordano le figure degli antichi plutei longobardi, come quelli della Basilica di Santa Sabina, a Roma.
Triplice Cinta sulla piazzetta posteriore |
Triplice Cinta in Via Santa Oliva n. 30 |
Fregio decorativo sulla facciata |
Triplici Cinte circondano anche questo edificio; in particolare la troviamo sulle soglie di alcune abitazioni che si trovano lungo Via di Santa Oliva, in particolare nel tratto dietro la chiesa. La più vistosa si trova proprio dietro l'ingresso posteriore, sulla soglia di una locanda; l'altra, mostrata nella foto centrale, si trova presso il civico n° 30.
Terza tra i più antichi edifici religiosi di Castro dei Volsci, la Chiesa di Santa Maria venne costruita probabilmente tra il 1156 e il 1160. Si conserva una tradizione legata al potere speciale delle sue campane, che avevano la singolare caratteristica di far allontanare le nubi cariche di pioggia e di grandine. Le leggende popolari narrano di come, all'apprestarsi di una tempesta di grandine, fortemente temuta per i danni che avrebbe potuto arrecare ai raccolti, il parroco usasse suonare a lungo le campane di Santa Maria, e le nubi minacciose presto venivano dissipate.
Triplice Cinta accanto all'ingresso |
Triplice Cinta sul muro laterale |
Forse sempre a scopo apotropaico è stata incisa la vistosa Triplice Cinta che si trova nei pressi dell'ingresso principale, sul cordolo del marciapiede laterale. Ma ancora più significativa è un'altra incisione, che compare in verticale su un concio inglobato nella struttura muraria laterale, accanto ad un discendente dell'acqua. L'insolita posizione può derivare dal fatto che il blocco calcareo è stato riutilizzato da una costruzione precedente.
Triplici Cinte localizzate lungo Via Santa Maria
Triplici Cinte localizzate lungo Via Porta della Valle
Lungo la Via di Santa Maria, e poi ancora oltre, lungo Via Porta della Valle, si incontrano numerose altre incisioni dello stesso simbolo, sempre sulle soglie delle case. In almeno uno dei casi, il blocco su cui si trova incisa si trova sullo stesso piano del manto stradale, lastricato a "sampietrini", come se fosse stato volutamente lasciato per non perdere l'antica testimonianza. È probabile, infatti, che le Triplici Cinte venissero incise a scopo simbolico nei dintorni delle chiese, e poi diffuse segretamente come gioco, e che gli abitanti al ritorno dalla messa ne incidevano una di fronte a casa propria, per perpetuare la sua funzione protettiva.
Una delle strade principali del centro storico, Via Porta di Ferro, ricorda nel toponimo l'esistenza di un'altra importante via di accesso alla città attraverso le sue mura difensive, quella che era chiamata, appunto, "Porta di Ferro", o anche "Porta di Santo Stefano", oggi rimossa. Lungo questa stradina caratteristica, si possono trovare altre Triplici Cinte, e non solo sulle soglie di ingresso delle abitazioni. Ve ne sono alcune presenti su muretti di delimitazione, tra la strada e la scalinata sottostante. Vi è poi un caso del tutto particolare in cui troviamo una Triplice Cinta incisa su di un muretto, in orizzontale, e poco più avanti un'altra, murata in verticale, alla base del muro di un'abitazione.
Triplice Cinta presso Via Porta di Ferro n. 1
Altre due Triplici Cinte lungo Via Porta di Ferro e loro ubicazione
Un simbolismo del tutto diverso, e leggibile a piani più alti, è invece quello che compare sulla fontana che decora il centro del paese, nei pressi della Torre dell'Orologio. Eretta a memoria dei caduti durante la Guerra del 15-18, presenta alcuni elementi decorativi dal significato simbolico, come i dentelli di forma cubica ed il motivo ornamentale a "uovo e punta di lancia", che richiama i rituali di fertilità. Ma, soprattutto, a far la parte del leone, sono appunto i cannelli da cui sgorga l'acqua, che hanno appunto la forma della testa di questo animale. Elemento molto frequente nell'architettura idrica, la testa del leone che produce acqua ha dei significati simbolici molto profondi che non sarebbe possibile analizzare nel dettaglio in questo articolo. Basti, comunque, un accenno al fatto che anche questi sono collegati alla fertilità, per esempio in relazione alle inondazioni del Nilo, che rendevano fertili le terre sabbiose d'Egitto ogni estate, nel periodo in cui il Sole entrava nella costellazione del Leone (da cui l'epiteto di "solleone" per indicare il gran caldo estivo). Ma non si deve dimenticare che il leone è anche l'animale sacro della dea Cibele, l'antica Grande Madre adorata a Pessinunte, nella penisola anatolica.