La Basilica di Santa Maria Maggiore, edificata sull'Esquilino, nel cuore di Roma (si trova a pochi minuti dalla centralissima Stazione Termini) è una delle più importanti chiese della Capitale, inserita nel novero delle quattro Basiliche patriarcali (insieme con quelle di San Pietro, in Vaticano, San Giovanni in Laterano e San Lorenzo fuori le Mura), nonché in quello delle Sette Chiese Romane della Cristianità, da visitare nel famoso percorso giubilare (le altre sono San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura, San Lorenzo fuori le Mura, San Sebastiano e Santa Croce in Gerusalemme). È detta anche Basilica della Natività perché è quella che celebra la Nascita di Cristo per eccellenza, ospitando, tra l'altro, le reliquie della Santa Culla di Nazareth.
Secondo quanto tramanda la tradizione, la primitiva costruzione ecclesiastica sul colle Esquilino fu voluta da papa Liberio [352-366], in seguito ad un sogno nel quale la Madonna gli avrebbe richiesto la costruzione di una chiesa, e gli avrebbe indicato il punto esatto in cui costruirla attraverso il segno della neve. Il 5 Agosto di quell'anno, il 356, miracolosamente, si ebbe una nevicata sull'Esquilino, e pertanto il papa, memore del sogno, ordinò che in quel punto venisse edificata una chiesa. Questa primitiva costruzione era nota come "Sancta Maria ad Nives" (Santa Maria delle Nevi), a ricordo dell'evento miracoloso, o Basilica Liberiana, dal nome del suo costruttore. Nulla però è rimasto di questa primitiva costruzione, mentre la chiesa attuale risale al pontificato di Sisto III [432-440], che la dedicò alla maternità di Maria, che era appena stata definita dogmaticamente nel Concilio di Efeso del 431. L'originale basilica del V sec. venne poi ampliata in più epoche successive: sotto papa Niccolò IV [1288-1292] venne realizzato il transetto e le decorazioni ad affresco e mosaico dell'abside; nel XV sec. si realizzarono le volte laterali mentre risale al XVII sec. la ricostruzione della facciata, con porticato ad arcate e loggia superiore, voluta da papa Clemente XI e realizzata da Ferdinando Fuga. Al XIV sec., invece, risale il campanile romanico laterale, fatto costruire da Gregorio XI nel 1377. L'interno, a tre navate, è dotato di un bellissimo pavimento cosmatesco del XII sec. Tra le tante opere notevoli contenute in questa chiesa, si citano la splendida decorazione absidale, con il mosaico realizzato da Jacopo Torriti (1295), raffigurante l'incoronazione della Vergine. Nel pavimento antistante la Cappella delle Reliquie, situata alla fine della navata destra, si trova la tomba di famiglia dei Bernini, ove è sepolto anche Gian Lorenzo.
Notevole, anche se aperta al pubblico solo in rare occasioni, è la Loggia
dei Papi, al livello superiore della basilica, decorata con due serie di mosaici realizzati da Filippo
Rusuti alla fine del XIII sec., che rappresentano il Cristo Benedicente, i simboli degli Evangelisti, la Madonna, il miracolo
della neve e i Santi Paolo, Iacopo, Girolamo, Battista, Pietro, Andrea e Mattia. Dalla loggia si gode di una splendida vista
sulla Piazza di Santa Maria Maggiore, dominata dalla Colonna della Pace, monumento
realizzato con l'unica colonna trovata integra nei resti dell'antica basilica di Massenzio, sulla quale è stata posta una statua
della Madonna con Bambino (1615). Il retro della chiesa, invece, affaccia su Piazza dell'Esquilino, dove papa
Sisto V fece erigere un obelisco di granito senza
iscrizioni, e quindi non databile, rinvenuto spezzato in tre parti sotto la chiesa di S. Rocco, nel 1519, insieme all'altro, gemello,
che invece fu piazzato davanti al Quirinale.
Vediamo ora, di seguito, alcuni degli aspetti più nascosti e meno noti di questo edificio, com'è nostro costume nel contesto di questo sito, lasciando al lettore il compito di approfondire gli altri, senza dubbio interessanti, ma più noti e comuni, nelle tante guide turistiche e pagine internet ad essa dedicata. Prima di entrare nella chiesa, però, giriamo un attimo sulla facciata posteriore per ammirare una serie di tre Fiori della Vita ricavati ad incasso in un pannello inserito nella muratura.
Si legge nel Vangelo di Matteo che dopo la nascita di Gesù, alcuni Magi, giunti da Oriente attratti da una stella, giunsero fino alla grotta in cui era nato per porgergli omaggio, recando con sé tre doni simbolici: l'oro (simbolo del potere regale), l'incenso (simbolo del potere sacerdotale) e la mirra (un arbusto orientale dalla cui preziosa linfa si ricavava una gommoresina aromatica, molto usata per le unzioni sacre ma, in tempi più antichi, anche per l'imbalsamazione, per cui simbolo della natura mortale del Cristo). La leggenda è riportata anche negli apocrifi "Vangeli dell'Infanzia", ma in nessuno di questi testi si fa mai menzione né della loro natura di Re, né del loro numero: il tre, infatti, oltre che numero simbolico, è stato semplicemente dedotto dal numero di doni recati al Bambino. Altre tradizioni ne tramandano un numero minore (due) o anche maggiore (fino a dodici). In ogni caso, la Tradizione cristiana ci tramanda anche i nomi di queste personalità: Gaspare, Baldassarre e Melchiorre, anche se i nomi cambiano in altre tradizioni. Ma chi erano veramente i Magi, al di là della Tradizione Cristiana? L'etimologia del termine ci viene in aiuto: nell'antica Palestina il termine magus indicava i sacerdoti persiani, seguaci del culto zoroastriano e studiosi delle stelle; ciò è confermato dalle stesse parole del Vangelo, quando si dice che essi provenivano da Oriente, e ad est della Palestina si trovava, appunto, la Persia (l'attuale Iran). L'interesse dei Zoroastriani per l'astronomia spiegherebbe il fatto che essi giunsero fino a Nazareth seguendo una stella. Secondo il culto di Zoroastro, che ancora oggi viene perpetuato in alcune regioni del mondo, Gesù non era altri che la nuova incarnazione del profeta Zoroastro (o Zarathustra). Questa verità, ancora nota e presente nei primi secoli del Cristianesimo, andò successivamente confondendosi e presto venne "aggiustata" e conformata al nuovo credo. I Magi persero la loro funzione sacerdotale e divennero "Re", e tutte le raffigurazioni iconografiche dopo quel primo periodo di transizione seguirono alla lettera i nuovi dettami. Ma nella Basilica di Santa Maria Maggiore, lo splendido mosaico che orna la volta della cupola sopra l'altare principale, e che risale al V-VI sec, si può ancora trovare una delle poche raffigurazioni rimaste della tradizione originale, dove i Magi si vedono vestiti nel tipico abbigliamento dei sacerdoti persiani, e non come re. La liturgia cristiana ricorda la visita dei Magi nel giorno dell'Epifania, il 6 Gennaio, che chiude le feste di Natale.
Il Concilio di Efeso del 431 si dovette occupare, tra le altre incombenze, dell'eresia Nestoriana, che negava la natura divina della maternità di Maria, definendo quest'ultima "Cristothokos", cioè "Madre di Cristo", anziché "Teothokos", "Madre di Dio", come invece venne sancito nel Concilio stesso. Anche per questo motivo, la Chiesa dovette gradualmente adeguare i temi figurativi alla dottrina in vie d'evoluzione, eliminando o "limando" quei temi che potevano dare adito ad erronee interpretazioni. È il caso della raffigurazione iconografica della Natività: le raffigurazioni più antiche raffiguravano Maria nell'istante cruciale del parto, con la Madonna sdraiata da un lato ed il bambino appena venuto alla luce. In seguito, invece, la Chiesa farà abolire tali figurazioni ed ogni rappresentazione successiva ritrarrà sempre la Madonna con il Bambino in braccio o già deposto nella Mangiatoia. A Santa Maria Maggiore, nel contesto degli affreschi che ornano l'abside, è ancora possibile trovare una Natività nella primitiva concezione.
Una delle reliquie della Cristianità meno nota ma non meno importante delle altre è la "Santa Culla", ovvero la Mangiatoia in cui, secondo il racconto dei Vangeli, Gesù venne deposto appena nato. Si tramanda che alcuni pellegrini, al ritorno dalla Terrasanta, portarono a Roma alcuni frammenti di tavole della Sacra Culla (cunabulum). Questi preziosi frammenti furono inseriti in una teca dorata e finemente istoriata, che oggi è custodita all'interno della Basilica, ed ancora visibile sotto l'altare maggiore. Per questo S. Maria Maggiore è nota anche come "Basilica ad Praesepem", dal termine latino praesepium, "mangiatoia", da cui deriva anche il termine "Presepe".
Strettamente legato al tema della Natività è quello del Presepe, che è una rappresentazione prettamente cristiana che tradizionalmente viene allestito in mille forme e modalità nel periodo di Natale. È noto che la prima rappresentazione cristiana del presepe fu realizzata da San Francesco nel convento di Greccio, durante il Natale del 1223, secondo quanto ci tramanda il cronista Tommaso da Celano (1190-1260). Si trattava, in questo caso, di una rappresentazione vivente. La prima realizzazione plastica sinora conosciuta, invece, è il gruppo scultoreo realizzato da Arnolfo di Cambio nel 1288 su commissione di papa Niccolò IV, oggi esposto in un locale sotterraneo alla Basilica, presso il Museo dell'Opera. La serie di sculture rappresentano la Madonna che regge il Bambino in braccio, San Giuseppe che contempla la scena appoggiandosi al suo bastone, uno dei Magi inginocchiato in adorazione e gli altri due in piedi, compresi in un'unica scultura. Infine, compaiono anche il bue e l'asino, anche se in questo elemento si nasconde un piccolo mistero. Si ignora, infatti, quale fosse la disposizione originale (secondo le intenzioni dell'artista) del gruppo di statue, per cui quella che oggi si vede esposta è quella più probabile. L'unico elemento "fuori posto" è proprio il gruppo del bue e dell'asinello, in quanto tradizionalmente questi due animali sono raffigurati con il primo che guarda verso il bambino ed il secondo verso il padrone, ovvero verso San Giuseppe. Comunque si disponga questa statua, invece, non si riesce ad ottenere la postura tradizionale. Errore artistico o significato inespresso?
Tra i preziosi tesori religiosi conservati in questa Basilica, dedicata per eccellenza alla Madre di Dio, non poteva mancare l'icona di una Madonna Nera, forse la più famosa di tutte: la Madonna "Salus Populi Romani. Essa si trova collocata all'interno della Cappella Paolina, o Borghese, alla sinistra dell'altare principale, che viene utilizzata soltanto per la preghiera e per l'esposizione del Santissimo (al suo interno è proibito, generalmente, fare fotografie). Il ricco altare che orna la cappella, realizzazione di Pompeo Tardoni, è reso prezioso da ornamenti in materiali pregiati come oro, diaspro, malachite e lapislazzuli. Al centro di questa cornice si trova l'icona oggetto di venerazione, che secondo la tradizione è una copia fedele del vero ritratto di Maria, realizzato da San Luca Evangelista. Una caratteristica, molto comune alle icone di questo tipo. In realtà la storia di questa icona è molto più complessa e articolata, ed è legata a doppio nodo con tutta un'altra serie di tradizioni sorte intorno ad un'altra famosa icona, la Madonna di Lidda, o "della Febbre", considerata l'unica immagine acheropita della Vergine.
Recenti scavi archeologici effettuati sotto la Basilica, tra il 1966 ed il 1971, hanno riportato un vasto ambiente risalente all'epoca romana, che con tutta probabilità era un'abitazione patrizia. Il vasto ambiente era originariamente circondato da un muro lungo il quale era affrescato un mirabile calendario stagionale, del quale oggi rimangono solo alcuni tratti (i mesi di Settembre, Ottobre e Novembre), che lasciano intuire quale e quanta bellezza doveva contraddistinguere l'opera completa originaria. In uno degli ambienti sotterranei di questa antica costruzione, è stata rinvenuta una parete libera coperta da numerosi graffiti di età romana. Tra questi, spicca anche un'incisione del famoso quadrato palindromo del SATOR, in foggia simile a quella ritrovata a Pompei, cioè tracciata grossolanamente a mano e cominciante per la parola “ROTAS”. La nostra foto, purtroppo incompleta, è dovuta al fatto che l'illuminazione, in quel particolare punto degli scavi, è scarsa ed i graffiti sono visibili soltanto se illuminati opportunamente. Pertanto è stata scattata ad intuito, riferendosi allo schema esplicativo esposto nei pressi e tentando di riconoscerne alcuni tratti. La fortuna ci ha aiutato, perlomeno, ad individuarne una buona parte!
Gli ambienti sotterranei della Basilica di Santa Maria Maggiore possono essere visitati contattando l'associazione Sotterranei di Roma.