Dopo la scoperta dei misteriosi graffiti simbolici all'interno della Torre Comitale del Castello dei Conti di Ceccano, avvenuta nel 2014 ma solo recentemente diffusa tra i ricercatori (si veda, in proposito, il nostro articolo del 5 gennaio 2016), lo storico comune di Ceccano ha aperto le sue porte alla ricerca simbolica. Dai primi sopralluoghi, effettuati nel Novembre del 2015, un nutrito gruppo di studiosi ricercatori si è sguinzagliato a più riprese per le strade e nei monumenti della città ciociara per cercare di svelarne ogni più piccolo segreto, ragion per cui il suddetto gruppo è stato simpaticamente e correttamente ribattezzato dalla stampa locale il "Dream Team del mistero". Ne fanno parte, oltre allo scrivente, Adriano Forgione, Giuseppe Fort, Giancarlo Pavat, Giancarlo Marovelli, Marco Di Donato, Roberto Adinolfi, oltre all'associazione culturale "Cultores Artium", nelle persone di Andrea Selvini e Mario Tiberia, che da anni si impegnano nel promuovere la storia e la cultura della loro città. I risultati di quest'indagine a tappeto non hanno tardato ad arrivare, ed in questo articolo sono stati riuniti alcuni dei più interessanti, o intriganti, raccolti studiati da me o da altri, via via citati, appartenenti al team.
La Chiesa di San Nicola è uno degli edifici che ha dato maggiori soddisfazioni, tanto da ritenersi necessaria una trattazione più approfondita in un articolo a parte. La chiesa, il cui impianto originario risale al XII secolo, quando la dedicazione era ancora quella di Santa Maria della Foresta, è stata ipotizzata da alcuni studiosi appartenente ai Cavalieri Templari (cfr. l'articolo di Domenico Rotundo, "I Templari a Trevi, Frosinone, Alatri e al Giglio di Veroli", già citato). L'edificio stupisce già nel portale d'ingresso, che presenta una collocazione inusuale sulla parete laterale: ciò fu dovuto, principalmente, ad esigenze di carattere urbanistico, quando l'ingresso originario, collocato come da canone verso ovest, venne chiuso e spostato nella sua posizione attuale. Sulla cuspide dell'arco d'ingresso compare un piccolo volto, dall'espressione curiosamente imbronciata. Una tradizione esoterica vuole che queste piccole facce apposte sui portali fungano da una sorta di "guardiani della soglia", che scrutano e giudicano coloro che entrano. Che questa figura rappresenti un personaggio importante dal punto di vista sapienziale potrebbe essere sottolineato da due piccoli ma significativi indizi: il primo riguarda la presenza di una lunga e fluente barba mentre il secondo, più sottile, è che osservando bene il suo copricapo esso sembra assumere la caratteristica forma di un berretto frigio.
Un altro volto seminascosto è presente sul lato addossato alla parete del capitello che sormonta la colonnina sul lato sinistro per chi entra: chi o che cosa guarda questo volto, chiaramente non rivolto al visitatore? Esso incrocia idealmente lo sguardo con un'altra testa, questa volta d'ariete, che è posta all'interno della chiesa, al di sopra del fonte battesimale. I due sguardi s'incrociano idealmente sull'altare. Se fu veramente templare non possiamo saperlo con certezza, ma certamente può essere un indizio la croce patente scolpita a rilievo nel tondo decorativo dell'antica bifora, che si trova proprio in corrispondenza del fonte. Un caso? Nell'articolo che dedicheremo a questa chiesa saranno mostrati dettagli più approfonditi.
In pieno centro, all'incrocio tra Via San Pietro e Via Madonna degli Angeli, troviamo incastonata nel muro una pietra finemente decorata con un motivo spiraliforme. Si tratta, chiaramente, di materiale di reimpiego, proveniente da una costruzione precedente. Come ricorda la toponomastica, qui una volta sorgeva una piccola chiesa dedicata a San Pietro, ma in tempi ancora più antichi si sarebbe trovato un tempio consacrato a Cerere, dea delle messi e dell'abbondanza. Forse, il motivo a spirale richiama simbolicamente proprio la Dea, una delle Grandi Madri dell'antichità pagana, di cui la spirale era uno dei simboli.
Una gentile signora che abita nelle vicinanze ci ha fatto notare che quella non era la collocazione originaria della pietra, che in precedenza era stata già reimpiegata in un altro muro di sostegno nelle vicinanze. La signora, inoltre, ricorda che la pietra aveva la singolare proprietà di cambiare colore con le condizioni meteorologiche e che anticamente veniva utilizzata persino per conoscere l'ora. Si potrebbe ipotizzare che questa pietra, montata insieme ad un opportuno gnomone, avesse funto per qualche tempo anche da meridiana?
La pietra con il motivo a spirale |
La pietra nell'elaborazione di Marco Di Donato |
C'è da aggiungere che probabilmente, in passato, di pietre simili ve ne potessero essere più d'una. Nel corso delle nostre perlustrazioni, ci siamo imbattuti in un'altra pietra, molto più consunta, che parrebbe essere stata decorata con un motivo spiraliforme molto simile. Si trova in uno dei vicoli interni, sotto al Castello, e la spirale, sebbene non sia molto marcata, può essere chiaramente riconosciuta sotto opportune condizioni di luce ed appropriati angoli di osservazione, oppure può essere evidenziata mediante dei filtri applicati alla fotografia, come ha suggerito e verificato il ricercatore Marco Di Donato. Le immagini sottostanti mettono al confronto la foto naturale con quella realizzata da Marco con un software di elaborazione grafica, che mostra l'andamento delle spire concentriche.
La spirale è stata ripresa simbolicamente anche in tempi successivi: lungo Via Giulio Stirpe, poco dopo l'incrocio con Via Magenta, si trova il Palazzo Meschini, che prende il nome dalla famiglia a cui appartenne durante il Settecento. Sul muro di cinta che circonda il giardino interno della villa si notano le grosse volute di due spirali molto pronunciate, oltre ad uno stemma di famiglia che è stato abilmente scalpellato per qualche motivo imprecisato.
La voluta a spirale di Palazzo Meschini Lato destro |
La voluta a spirale di Palazzo Meschini Lato sinistro |
Tra le numerose chiavi di volta che sormontano i portali di alcune delle case più in vista del paese, spiccano qua e là anche alcuni mascheroni che avevano probabilmente carattere "apotropaico", cioè in grado di scacciare il Male e le influenze negative in genere.
Palazzo Gizzi Piazza XXV Luglio |
Casa dell'Abate Via Bella Torre |
Abitazione privata Via Porta Abbasso |
Come ha acutamente osservato Giancarlo Pavat, analizzando le posizioni dei mascheroni in relazione alla pianta della città, essi sembrano guardare tutti verso il Castello. Fa eccezione soltanto l'esemplare di Via Porta Abbasso (terza immagine da sinistra), il cui "sguardo" risulta comunque tangente alle mura perimetrali dell'area del maniero. Si tratta soltanto di una coincidenza, oppure l'effetto è stato voluto? Si consideri, comunque, che i manufatti in questione risalgono tutti, più o meno, all'epoca barocca o successiva, quando il castello era già stato adibito a carcere e poteva essere visto, probabilmente, come un potenziale ricettacolo del Male…
Abbiamo già visto, nell'articolo dedicato al castello di Ceccano, che uno dei dipinti presenti all'interno della sala principale presenta un Cristo crocifisso con alcune evidenti anomalie: gli occhi aperti, ad indicare che il Cristo non è morto e, soprattutto, la presenza di sei dita nella mano destra. La mano sinistra, collocata in una zona che appare vistosamente abrasa, non ` visibile, dunque non sappiamo se anch'essa presentasse le stesse caratteristiche, anche se ciò è abbastanza probabile. Il dipinto, realizzato all'interno di quella che fu l'ex cappella del castello, fu eseguito alla fine dell'Ottocento dai detenuti, usando probabilmente come base un affresco precedente. Ci si potrebbe chiedere se anche nell'affresco originario fosse presente la stessa variazione.
L'esadattilia, come abbiamo già spiegato, era vista dagli antichi come un segno di malevolenza divina: nel libro biblico di Samuele, per esempio, ad avere sei dita era un gigante cattivo che aveva oltraggiato Israele. Questa caratteristica ebbe, però, in tempi successivi, altre simbologie più raffinate. Il segno di una personalità superiore, illuminata. Quel che è certo è che dopo la pubblicazione dei primi articoli sui graffiti della Torre dei Conti, sul sito "Il Punto sul Mistero", una lettrice ha prontamente segnalato un altro clamoroso caso di esadattilia sempre a Ceccano. Si tratta, questa volta, di una tela seicentesca collocata all'interno di una nicchia presso la Chiesa di San Sebastiano (XIV sec., rimaneggiata nel XVII sec.). Il tema rappresentato è la Natività (secondo alcuni, l'Adorazione dei Magi) attribuito, anche se con riserva, al pittore Giuseppe Cesari, meglio conosciuto come il Cavalier d'Arpino (1568 – 1640). In questo caso il personaggio che presenta la singolare "mutazione genetica" è San Giuseppe, precisamente nella mano destra che imbraccia il bastone.
L'Affresco dell'Annunciazione |
Particolare delle sei dita di San Giuseppe |
Casi di esadattilia nel Basso Lazio non sono infrequenti: si ricordi il caso del Cristo benedicente in trono presente negli affreschi del Santuario del Crocifisso a Bassiano (LT), oppure il San Sebastiano ritratto nella Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco ad Acuto (FR), altri portentosi compendi di simbologie varie. Tuttavia, anche se la loro esecuzione è separata da secoli di storia, due casi di esadattilia in un piccolo paese come Ceccano fanno comunque pensare: e se ci fosse stato un disegno dietro la loro realizzazione? Tracce o indizi lasciati da qualcuno?
La Chiesa di San Giovanni Battista, in piena vista dalla terrazza del castello e a sud di quest'ultimo, si presenta oggi nelle forme che ottenne alla fine del XVIII secolo. Tuttavia, il vano che introduce alla sagrestia presenta un ciclo di affreschi di origine medievale che hanno per tematica la Vergine Maria. Si tratta, probabilmente, del nucleo primitivo della chiesa originaria. Nel ciclo rappresentato si riconosce, innanzitutto, il tema dell'Incoronazione, ma vi sono anche frammenti dell'episodio della "Dormitio Virginis", il sonno che precedette la sua assunzione in cielo, secondo una tradizione basata su alcuni racconti del II secolo.
Nella parte inferiore dell'affresco della Dormitio, grazie alla segnalazione ed all'acume osservativo di Mario Tiberia, abbiamo documentato uno splendido esemplare di Nodo di Salomone. Il simbolo si presenta nella rara variante a cinque anelli: in Italia, ad es., ne abbiamo notato uno simile solo tra i graffiti dell'intonaco nella Sala Apollo di Castel Sant'Angelo, a Roma, mentre all'estero ne abbiamo trovato uno tra i graffiti simbolici della chiesa templare di Saint Nicholas, a Great Wilbraham, in Cambridgeshire (Regno Unito). L'esemplare ceccanese mostra un'esecuzione perfetta, di rara finezza. Chi ha provato a disegnare un siffatto glifo, anche su un foglio di carta, sa bene che difficilmente si raggiunge una tale perfezione al primo tentativo, cosa che invece fece lo sconosciuto autore. Non si tratta, dunque, del segno frettoloso di un pellegrino ma di un elemento simbolico ben definito realizzato con intento iniziatico.
L'affresco dell'Incoronazione |
Il graffito del Nodo di Salomone |
Nel mazzo di scoperte effettuate sul territorio di Ceccano, va altresì menzionata quella segnalata da Roberto Adinolfi, che l'ha notata in una delle sue tante passeggiate ristoratrici nella campagna ceccanese, appena a ridosso del centro abitato. Si tratta di una formazione rocciosa alquanto singolare, un gruppo di pietre che sembra essere stata disposta non a caso, ma secondo un disegno approssimativamente circolare. La caratteristica più interessante, comunque, è il grande masso centrale, quello più alto di tutti, che osservato di lato riproduce le fattezze di un uomo barbuto. Si distinguono chiaramente il sopracciglio, l'occhio, il naso, la bocca e la fluente barba che scende sotto il mento: una figura tipica che ha valso alla pietra l'affettuoso soprannome di "Vichingo", anche se nulla ha a che fare con la mitica popolazione nordica. Si tratta solo di una casualità?
La prudenza, in questi casi, non è mai troppa: vero è che la prima impressione che
si ha arrivando in prossimità del gruppo di monoliti è che essi siano stati collocati con una certa regolarità,
e questa sensazione è notevolmente rafforzata considerando che nelle immediate vicinanze non si notano formazioni simili.
Quanto al "Vichingo", guardato da una certa angolazione, sembra effettivamente presentare un profilo antropomorfo. La
legittima obiezione è che esiste una tendenza abbastanza comune e tipicamente umana di riconoscere fattezze antropomorfe in
elementi naturali, e la rete abbonda in tal senso di immagini di alberi, rocce, foglie, frutti, nuvole, profili di montagne e
quant'altro in cui è possibile riconoscere più o meno vagamente la silhouette di un volto umano. Questo fenomeno viene
detto pareidolia, ed è un'illusione subcosciente tipica della natura umana (il caso più
celebre, in questo senso, è il famoso volto della Sfinge osservabile in una formazione rocciosa su Marte).
Nel caso di Ceccano, però, la forma antropomorfa resta visibile se si guarda da altre angolazioni, in particolare dal lato opposto, fenomeno questo non frequente nei casi di pareidolia. Inoltre, un ulteriore indizio potrebbe essere costituito da alcune incisioni simboliche, in forma di losanga (un simbolo genericamente noto d'invocazione protettiva) ricavate in una fenditura della roccia stessa, avvistate dal succitato Mario Tiberia nel corso di uno dei sopralluoghi. Non sappiamo, naturalmente, chi sia stato a tracciarle proprio lì, per quale motivo ed in quale epoca, quel che è certo è che non sono il frutto dell'erosione naturale degli agenti atmosferici.
Se non si trattasse di una formazione naturale, che cosa potrebbe dunque rappresentare il sito megalitico di Ceccano? Lo studioso Giancarlo Marovelli, intervenuto in un sopralluogo approfondito, ci ha fornito alcune ipotesi in proposito. Il ricercatore lucchese, che da molti anni ha accumulato esperienza nel campo della geobiologia e della radiestesia, ha dedotto dalle sue indagini che il sito, classificabile ad un livello di energia medio-alto (nella scala detta di Bovis), non venne usato per celebrazioni di carattere religioso né tantomeno per sacrifici rituali. Il masso è stato comunque collocato su una ley-line di caratteristiche energetiche ben precise, di natura femminile. L'ipotesi di Giancarlo, che ha confermato quelle dello scrivente, è che il sito fosse stato concepito come un punto di osservazione geo-astronomica, orientato in modo tale da marcare alcuni eventi caratteristici, come solstizi ed equinozi. Se tale ipotesi dovesse essere confermata, mediante prolungate indagini in loco in periodi diversi dell'anno e, soprattutto, nei suddetti punti nodali, il sito assumerebbe un'importanza simbolica fondamentale, che probabilmente può essere messa in relazione con alcuni degli altri aspetti già menzionati in precedenza.
Ceccano: i graffiti simbolici del Castello dei Conti
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie