Il mitreo di Santa Prisca venne accidentalmente scoperto (o meglio, riscoperto) piuttosto recentemente, nel 1934, dai Padri Agostiniani, che intrapresero l'opera di scavo per il suo recupero. L'ambiente del mitreo, infatti, si trova adiacente alla cripta della chiesa di Santa Prisca (sull'Aventino, uno dei sette colli di Roma), dove si trovava già un'aula a due navate che aveva costituito il primitivo nucleo della chiesa, il titulus Priscae.
La presenza "spalla a spalla" di due importanti luoghi di culto, l'uno cristiano e l'altro mitraico, fa supporre che, almeno in principio, le due confessioni coesistevano, fino a che il Cristianesimo non prese il sopravvento sul Mitraismo, giocando la potente carta dell'universalità. A dispetto di un culto, infatti, di natura misterica, al quale soltanto pochi adepti, e solo uomini, potevano accedere dopo aver superato prove impegnative, il Cristianesimo prometteva la salvezza a chiunque avesse riconosciuto la divinità di Cristo, e si fosse fatto battezzare. L'apice del culto di Mitra, nel III sec. d.C., coincise anche con l'inizio della sua discesa. Il Cristianesimo prese il sopravvento e le mura imponenti della chiesa di Santa Prisca crebbero sopra l'antico luogo, sovrastandolo e custodendolo nel sottosuolo. I lavori di scavo e di recupero vennero effettuati tra il 1953 e il 1966 ad opera di una squadra archeologica guidata dai professori olandesi M.J. Vermaseren e C.C. Van Essen.
L'indagine evidenziò il fatto che, come in tante altre situazioni analoghe, il mitreo venne realizzato all'interno di un'abitazione privata preesistente, che si snoda al di sotto della parte settentrionale della chiesa, nell'area del giardino e del cortile adiacente. Secondo alcune ipotesi la casa, databile alla fine del I sec. d.C. è identificabile con la domus di Licinio Sura, mentre per altri si tratta dei privata Traiani, di cui parlano alcune fonti, cioè la casa privata di Traiano prima di diventare imperatore.
Accedendo agli ambienti del mitreo, la prima stanza che s'incontra è una specie di vestibolo d'ingresso, nella quale si trova un recinto. Esso era probabilmente destinato ad accogliere le vittime sacrificali anche se le sue ridotte dimensioni non fanno pensare al lclassico toro, ma ad animali di taglia più piccola: galli, pecore o maialini. In un angolo dello stesso, sulla parete perimetrale, si notano i resti di una statua: una coscia, e frammenti di un serpente che probabilmente avvolgeva la figura dalle gambe fino su alla cintola. Da alcuni identificata con il dio Saturno (Crono per i Greci, signore e padrone del Tempo: le spire del serpente starebbero, in questa interpretazione, a rappresentare proprio le spire del tempo che tutto avvolge e inghiotte, come fece il dio con i propri figli).
Questa figura in realtà è spesso associata al culto di Mitra, come dimostrano ritrovamenti effettuati in altri siti mitraici dove questa figura è stata ritrovata integra. Questo essere, avvolto a spirale dal serpente, presenta la testa di leone ed è pertanto nota come Leontocefalo. Il leone, animale di natura "solare" ed espressione delle energie celesti, è spesso contrapposto, simbolicamente, alla figura del toro, di natura più espressamente tellurica, simbolo di quelle pulsioni terrene e animalesche. Il serpente che dalla terra si avvolge a spirale sul corpo della figura, la cui testa è leonina, non rappresenta altro che la sublimazione delle energie terrene verso quelle celesti, in una mirabile simbologia analoga a quella del caduceo di Mercurio e del tirso delle baccanti, utilizzato nelle cerimonie iniziatiche di un altro ben noto culto misterico dell'antichità, quello dionisiaco.
L'ambiente principale del mitreo è una sala rettangolare di 11,25 metri di lunghezza per circa quattro di larghezza. Ai due lati si trovano dei banconi sui quali probabilmente prendevano posto i partecipanti.
Le due nicchie d'ingresso destinate alle statue dei Dadofori
L'ingresso dell'adepto è salutato dalle statue dei due Dadofori, cioè i portatori di fiaccole. Questi due personaggi sono onnipresenti in tutti i mitrei, e rappresentano, uno con la fiaccola sollevata verso il cielo e l'altro con la fiaccola abbassata verso terra, il trionfo del giorno e quello della notte, la luce verso le tenebre. In questo mitreo si nota chiaramente che la nicchia di destra, rivestita di stucco dalla calda colorazione giallo-ocra, doveva accogliere la statua di Cautes, l'annunciatore del giorno, mentre quella di sinistra, rivestita di stucco annerito, ospitava l'altro Dadoforo, Cautopates, il principio della notte. Parte della statua di Cautes appare ancora visibile: è un giovinetto nudo posto accanto ad un tronco, con le braccia sollevate. La statua venne probabilmente riadattata da una precedente che rappresentava probabilmente il dio Mercurio. Le gambe nude della figura, infatti, presentando numerose picchiettature destinate ad accogliere dei pantaloncini di pietra che erano stati apposti per la sua modifica, vestendo il giovane alla moda frigia, come Mitra. Ai piedi della statua notiamo un gallo, presenza simbolica usuale nei mitrei, in quanto simbolo solare e testimone del risveglio iniziatico. È questo animale, infatti, che annuncia il giorno non appena il sole sorge all'orizzonte, all'alba, con il suo canto.
Particolare della statua di Cautes
Circa a metà della sala troviamo due interruzioni dei banconi, ciascuna per lato. Sul lato destro si trovano i resti di un grosso orcio interrato nel bancone, su quello sinistro invece è posta una piccola nicchia quadrangolare. Sebbene non è noto a cosa potessero realmente servire, è facile intuirlo per analogia ad altro ambienti mitraici, soprattutto quelli presenti ad Ostia Antica. L'orcio conteneva l'acqua, mentre nella cavità ardeva probabilmente una lampada: l'acqua e il fuoco, i due elementi principali, appaiono così simbolicamente contrapposti così come, a Ostia, nel mitreo di Felicissimo, appaino nelle figure a mosaico un orcio ed un'ara infuocata, nelle stesse identiche posizioni.
Sulle pareti laterali si trovano i resti di grandi scene affrescate, oggi quasi del tutto cancellate, ma ricostruibili attraverso le testimonianze di autori e visitatori del passato, che le hanno anche disegnate. Sappiamo, così, che nella prima metà di destra si snoda una processione di adepti, ciascuno recante un dono o un animale da sacrificare per il banchetto rituale: chi tiene un galletto, chi spinge un maialino, chi reca una coppa. Sfilano idealmente nel corridoio rivolti verso il Pater, il grado iniziatico massimo, in modo analogo a quanto doveva avvenire nella realtà. Nella metà successiva si trovava invece la raffigurazione di sette figure divine, ciascuna tutelare di un grado iniziatico. Sul capo di ognuno erano poste delle scritte, alcuni frammenti delle quali sono ancora visibili. I testi sono similari: c'è la parola nama seguita dal nome del grado, quindi tutela e infine il genitivo del nome del dio che presenzia a quel grado: es. [n]a[ma] nymph[i]s / tut[ela Ve]n[eri]s.
Abbiamo così la prima figura, quella del Corvo (Corax), posta sotto la tutela di Mercurio, appena visibile. La figura successiva, che reca in mano una coppa di colore rosso, rappresenta il Nymphus, o Ninfo, tutelato da Venere. Segue un'altra figura, girata di tre quarti, che tiene il mantello di quella precedente e stringe a sé un oggetto tondeggiante (probabilmente un elmo): è il Miles, o Soldato, protetto da Marte. Le altre figure sono poco visibili, ma i frammenti di iscrizione che rimangono le identificano: abbiamo il Leo, ossia il Leone, patrocinato da Giove, il Perses o Persiano legato alla Luna, l'Heliodromus, o Eliodromo, tutelato dal dio Sole ed infine il Pater, o Padre, legato al dio Saturno.
Sulla parete sinistra corrono altre scene. Nella prima metà abbiamo una successione di figure che avanzano in processione: sono tutti Leones, identificabili dall'iscrizione che ne cita il grado ed il nome proprio. Il Leone è uno dei gradi iniziatici, tuttavia non si comprende perché in questa parete gli venisse data così tanta enfasi; una delle ipotesi è che essa rappresenti i finanziatori della costruzione del mitreo, che così si sono fatti ritrarre sulla parete laterale. L'ultima scena, in fondo a sinistra, rappresenta il dio Sole, vestito di rosso e con il capo circondato dai raggi che formano una specie di aureola, che banchetta insieme a Mitra, dopo l'uccisione trionfante del toro. È il culmine dell'iniziazione, lo scopo ultimo, il raggiungimento dell'estasi, l'incontro con il dio.
La nicchia di fondo rappresentante la grotta del sacrificio
La parete di fondo accoglie, in una nicchia che ricostruisce l'ambiente della grotta, la rappresentazione della tauroctonia, l'uccisione rituale del toro da parte di Mitra. Non è completa, ma in essa si delineano i tratti fondamentali, comuni a tutte le rappresentazioni di questo tipo. La figura del dio è quella che si è conservata meglio. Con lo sguardo distolto dall'atto che sta compiendo sul toro (il distacco dalla dimensione terrena), il berretto frigio calcato sul capo e il mantello svolazzante sul quale si nota appollaiato un corvo, presenta come unica anomalia la nudità della figura, solitamente invece vestita con una corta tunica alla moda frigia. Del toro rimangono soltanto alcuni frammenti: parte del capo e delle zampe, la parte terminale della coda che si muta in una spiga. Scomparsi del tutto due degli animali che di solito aiutano il dio nella sua impresa, lo scorpione e il serpente, mentre appare nitido il cagnolino, nella parte inferiore destra.
La rappresentazione della tauroctonia
Ciò che invece colpisce è la figura umana sdraiata, che occupa tutto il fondo della nicchia, e che è stata identificata con il dio Saturno, dal volto barbuto. La statua, interamente realizzata con frammenti di anfore unite da stucco, è un elemento peculiare di questo mitreo, non presente in altri similari. Tuttavia ci risulta che spesso in queste scene, specialmente quelle affrescate, compaiono ai lati delle teste barbute di figure che sembrano uscire dal terreno, e che vengono identificate come il Genius Loci, lo spirito protettore del luogo. Ne abbiamo notato uno presso il Mitreo dei Serpenti, ad Ostia Antica, ed un paio si trovano nella scena affrescata del mitreo di Santa Maria Capua Vetere.
Dietro la nicchia è stata trovata graffita una scritta, che testimonia la nascita (o, meglio, la "rinascita" iniziatica) di uno degli adepti, il 20 novembre del 202 d.C., nel'anno in cui furono consoli Settimio Severo e Caracalla, nel giorno di Saturno (sabato), luna XVIII. Se interpretata in questo senso, dunque, essa stabilisce che in quella data il mitreo esistesse già, e pertanto lo data verso la fine del I sec. Un'altra lapide incastonata ai piedi della nicchia riporta una dedicazione al dio: “Deo Soli Invicto Mithre quod saepe numini eius exaudito gratia se[...]”.
I sette cerchi e lo Zodiaco
Alla sinistra della nicchia, sul lato sinistro, si accede ad una serie di altri tre ambienti collegati tra loro, ricavati dall'antico portico, e destinati probabilmente alle cerimonie preliminari. Nella stanza centrale spiccano ancora due piattaforme, una recante un orcio conficcato nel pavimento e l'altra un grande spiazzo quadrangolare rialzato: ancora acqua e fuoco contrapposti? La stanza è stata identificata come il caelus, il luogo della purificazione. Sulla parete è addossata una nicchia sulla quale è rappresentato lo zodiaco, in forma di sette cerchi concentrici, ciascuno riferito ad un pianeta, attorno al quale erano disposte le figure zodiacali.
La Chiesa di Santa Maria del Priorato
Il simbolismo della Chiesa di Santa Maria del Priorato